Eutanasia, responsabilità nelle scelte individiali

cappato

L’INTERVENTO DI MARCO CAPPATO *

Gli argomenti portati dal consigliere Coloni contro l’iniziativa sottintendono un’istintiva avversione verso il principio della libertà, a favore del proibizionismo

Nei giorni scorsi, il capogruppo del Pd in Consiglio comunale a Trieste, Giovanni Maria Coloni, ha avuto il merito di intervenire su queste pagine, contro la proposta di legge per l’eutanasia legale, sulla quale stiamo raccogliendo le firme come Associazione Luca Coscioni. Quello di Coloni è un merito, perché solitamente gli esponenti del suo partito – e non solo – che sono contrari alla legalizzazione dell’eutanasia, preferiscono eludere il dibattito, seppur consapevoli che la maggioranza dei loro elettori, come tutti i sondaggi confermano (da ultimo il rapporto Eurispes), la vedono in modo opposto.

Eludere il dibattito a Trieste certo è più difficile che altrove considerato che dalla città è venuta una straordinaria risposta in termini non solo di firme raccolte (oltre 5.400), ma anche di adesioni di personalità trasversali, Sindaco compreso, come testimonia l’elenco pubblicato al seguente link http://www.radicalifvg.org/wp/trieste-eutanasia-legale-resoconto-della-campagna/. Nel merito, le argomentazioni di Coloni sono meno confortanti. Il capogruppo Pd si è lanciato nella descrizione di un quadro caricaturale che rappresenta l’eutanasia come scelta di morte e di solitudine, contrapposta alla “ragionevolezza” di una “posizione comunitaria della società italiana che privilegi lo stare assieme, il prendersi cura gli uni degli altri, le relazioni fra le persone e l’intrinseco valore della vita umana” (così si chiude il suo intervento). Questa sorta di appello ai buoni sentimenti comunitaristi nasconde insidie più profonde di quello che potrebbe sembrare la retorica dell’ovvietà (chi mai è contro le “relazioni tra persone”?), perché sottintende una istintiva avversione verso il principio della libertà e responsabilità nelle scelte individuali.

Non è un caso se la parola stessa “libertà” non è mai nemmeno menzionata da Coloni. Il suo giudizio morale contro l’eutanasia prescinde dalla volontà della persona, non considerandola un elemento rilevante. È perciò un giudizio assoluto, da trasformare in proibizione attraverso lo Stato Etico che ci impone “assistenza”, “vita”, “comunità”, senza preoccuparsi del fatto che la singola persona a quell’assistenza, a quella vita, a quella comunità sia effettivamente interessata o meno. Coloni non lo scrive, ma altri nel campo proibizionista lo hanno sostenuto, ad esempio durante la lotta di Piero Welby per ottenere l’eutanasia: per costoro il malato, la persona che soffre, non è mai davvero libera, perché oppressa dalla malattia, o dalla solitudine. Ecco pronta servita la legittimazione – per lo Stato Buono, per lo Stato che non ci vuole lasciare soli – per sostituirsi alla nostra volontà e decidere per noi. L’effetto pratico è, se possibile, ancora peggiore di quello ideologico: come sull’aborto, la proibizione non cancella il problema, ma semplicemente lo rinchiude nella clandestinità, facendo dell’eutanasia una pratica esposta alla paura, alla sopraffazione, a quella stessa disperazione della solitudine che i proibizionisti vorrebbero arginare, senza comprendere che è proprio con la legalità che si riporta l’individuo nella polis.

* tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni

Fonte: http://feedproxy.google.com/~r/Radicalifvg/~3/34IyBdXLBxE/

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