La tortura del “contenimento chimico”

di Valentina Ascione, da “Gli Altri”, 16-04-2012

A chiunque abbia avuto la possibilità di visitare un carcere non potranno essere sfuggiti quei corpi esanimi adagiati sulle brande, raggomitolati sotto le coperte a tutte le ore del giorno. Gli sguardi spenti di molti, la loro andatura incerta e l’eloquio biascicato. Uomini, in molti casi giovani e giovanissimi, facilmente liquidati come “drogati”. E testimoni invece di un disagio forse più complesso e sempre più diffuso al di là delle sbarre.

Oltre ai dati sul sovraffollamento, sugli atti di autolesionismo e le aggressioni, le morti, i suicidi tentati e quelli riusciti, ci sono altri numeri da capogiro attraverso i quali filtra la deriva incontrollabile e drammatica della realtà penitenziaria italiana: “più del 40 per cento dei detenuti in attesa di giudizio nelle case circondariali”, cioè più di 12 mila persone, e “oltre il 10 per cento dei detenuti condannati nelle case di reclusione”, pari a ulteriori 3.500- 4 mila unità, sono soggetti nelle carceri italiane a una sorta di “contenimento chimico”, a causa del massiccio uso di psicofarmaci.

Sono queste le cifre, snocciolate pochi giorni fa da Leo Beneduci, segretario generale dell’Organizzazione sindacale autonoma di Polizia Penitenziaria, per tracciare il quadro allarmante che vede un’ampia fetta della popolazione detenuta vivere per la maggior parte del tempo in uno stato di narcosi. Stordita da ettolitri di valium e da sostanze tra le più disparate: “dagli antipsicotici agli ipnotici, dagli antidepressivi agli oppiacei, dalle benzodiazepine agli stabilizzatori dell’umore”.

Le galere italiane – dove trattamento e rieducazione hanno la consistenza di un miraggio – non sono solo scuole di addestramento al crimine per tanti finiscono dentro per piccoli reati, magari legati alla droga, ed escono delinquenti dopo anni trascorsi ad apprendere i fondamentali dai professionisti della materia. Sono anche fabbriche di intossicati, dove si sviluppa la dipendenza da tutte quelle sostanze che inibiscono i sensi e i pensieri. Anestetizzano corpo e mente, così da rendere meno insopportabili per i detenuti le condizioni di vita disumane e le sofferenze di una pena supplementare. E più semplice, per il sistema, la gestione di istituti al collasso a causa della sovrappopolazione. Un vero e proprio metodo, di cui ancora una volta è la società intera a fare le spese, ma senza accorgersene. Narcotizzata com’è, a sua volta, dall’illusione che quel che accade dentro le mura di un carcere non la riguardi.

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Fonte: http://www.perlagrandenapoli.org/?p=6743&utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=la-tortura-del-%25e2%2580%259ccontenimento-chimico%25e2%2580%259d

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