Siracusa: il figlio di un detenuto; mio padre è cieco, gli hanno dato un “piantone” 3 ore al giorno!

La Sicilia, 2 agosto 2010

“Mio padre, detenuto, senza assistenza”. Le accuse del figlio di Salvatore Catania rintuzzate dal vicedirettore del Cavadonna, Linda Favi. “Non solo cieco ma privato anche dell’assistenza medica che gli spetterebbe”. A puntare il dito contro l’inefficienza del personale amministrativo e sanitario della struttura carceraria di contrada Cavadonna è Salvatore Catania, figlio del cinquantottenne Sebastiano Catania, rinchiuso nella Casa circondariale siracusana dal 1 luglio del 2008. Un’accusa, questa, non condivisa dal vice direttore dell’istituto penitenziario, Linda Favi, che afferma: “Catania, come qualsiasi altro detenuto viene da noi seguito con la massima attenzione”.
Quella intrapresa da Salvatore, da un anno a questa parte, è una vera e propria battaglia. Voglio che a mio padre - dice - venga assicurato ogni genere di supporto”. Secondo quanto dichiarato dal figlio di Sebastiano Catania, sembrerebbe infatti che l’uomo viva in una cella di pochi metri quadrati insieme ad altre due persone. “Uno dei due compagni di cella - precisa - è il piantone assegnatogli dall’amministrazione penitenziaria per sole tre ore al giorno”. Salvatore chiede dunque alla dirigenza: “Come fa una persona per niente autosufficiente a sopravvivere durante le altre ventuno ore della giornata dipendendo dalla disponibilità e dall’umanità degli altri detenuti?”. Linda Favi controbatte: “Il signor Catania viene accompagnato dappertutto e gli vengono garantiti i controlli e gli interventi di cui necessita”. Una precisazione che stride con le parole del figlio del carcerato. “Nel momento in cui mio padre fu arrestato il suo occhio destro percepiva le ombre a 40 centimetri di distanza”.
Il bulbo oculare sinistro era stato invece totalmente compromesso il 7 dicembre 2007, quando Sebastiano fu vittima di un attentato. Poco prima di salire in macchina e raggiungere la propria abitazione fu colpito con due colpi di fucile, uno dei quali lo trafisse alla gamba, e l’altro al volto. “Se avesse ricevuto le cure richieste dai nostri medici e per i quali i nostri legali si sono battuti - prosegue Catania -, non avrebbe perso completamente la vista”. Ed è sulla base di questa consapevolezza che il quarantaduenne invoca per il padre malato gli arresti domiciliari.

Fonte: http://detenutoignoto.blogspot.com/2010/08/siracusa-il-figlio-di-un-detenuto-mio.html

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