SATYAGRAHA 2008

• da Left del 11 luglio 2008, pag. 9
Una moratoria veramente universale. Che salvi dalla pena di morte anche chi, come l’ex ministro iracheno Tariq Aziz, può raccontare ancora molte verità. Oggi Marco Pannella è in sciopero della fame per protestare contro chi vuole chiudere la bocca per sempre a un protagonista delta diplomazia mediorientale.
«Tariq Aziz è stato testimone dei crimini di Saddam, ma anche di ciò che è successo alla vigilia dell’invasione americana, quando i Radicali hanno tentato di fermare l’operazione militare proponendo l’esilio del rais», commenta Sergio D’Elia, esponente dei Radicali e promotore della moratoria sulla pena capitale poi approvata dalle Nazioni Unite.
L’ex ministro degli Esteri di Saddam Hussein merita l’indulgenza?
Per lui come per tutti vale il principio di Nessuno tocchi Caino: no all’impunità, sì all’intangibilità. Salvarlo dalla pena di morte non significa salvarlo dalla responsabilità storica.
Tariq Aziz non è stato ancora condannato, per salvarlo bisogna intervenire prima della fine del processo?
Si, perchè la condanna potrebbe essere eseguita poche ore dopo la sentenza. II tribunale che è stato istituito in Iraq segue regole sui generis, perché è una corte speciale e non ordinaria, che non prevede neppure la possibilità di ricorrere in appello. È il tribunale utilizzato dalle vittime sciite per vendicarsi sui complici di Saddam Hussein.
E non fa l’interesse della popolazione irachena?
No, perché l’interesse della popolazione è quello di scoprire tutte le complicità su cui poggiava il regime, comprese quelle dei Paesi democratici.
Chi dovrebbe muoversi per salvare Tariq Aziz?
Prima di tutto, i cosiddetti liberatori dell’Iraq. Oggi in quella terra lavorano e prestano aiuto molti Paesi che in sede Onu hanno votato a favore della moratoria sulla pena di morte. Oggi questi stessi Paesi dovrebbero chiedere alle autorità irachene di chiudere una storia fatta di violenze e di non operare in continuità con il regime autoritario che le ha precedute. La vera svolta sarebbe rifiutarsi di ricorrere alla pena capitale.
Anche l’Italia dovrebbe intervenire?
L’Italia con Berlusconi, ma anche l’Unione europea con Barroso e con l’alto rappresentante per la politica estera Solana. E che non si venga a dire che si intacca la sovranità nazionale dell’Iraq: il tribunale che giudica gli ex ministri di Saddam non fa neanche parte di un sistema giudiziario.
Eppure non sono molte le voci che si alzano in difesa di Aziz.
L’indifferenza di oggi ha lo stesso segno dell’accelerazione che hanno subìto gli eventi nel marzo 2003, quando scoppiò la guerra. Allora, i Radicali avevano fatto una proposta condivisa da molti, quella di difendere la pace e la libertà dei cittadini iracheni costringendo Saddam Hussein all’esilio. L’iniziativa "Iraq libero’ avrebbe salvato la popolazione dagli esiti disastrosi della guerra, ma non rientrava nella strategia di George Bush, che arrivò persino a nasconderla ai cittadini americani. Oggi Tariq Aziz potrebbe raccontarci cosa successe in quei dieci giorni che cambiarono la vita del suo Paese.
Fonte: http://associazioneradicalesatyagraha.blogspot.com/2008/07/satyagraha-2008.html
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