Zarine e furbetti

Dalla Rassegna stampa

Per la serie «Ai confini dell’impossibile» vorrei prendere le difese della signora Irene Pivetti, la pensionata più giovane d’Italia a cui dal 2013 la Camera dei deputati intende togliere proditoriamente le segretarie, gli uffici e altri bonbon. La ex presidente di Montecitorio (carica da lei occupata nell’ultimo decennio del millennio scorso con dispendio notevole di foulard) ha reagito coi consueti toni sommessi, parlando di «tagli forcaioli come nella Russia zarista». Un paragone su cui già si stanno arrovellando gli storici, dal momento che a toglierle le prebende non è stato Rasputin, ma lo sbarbatissimo Fini.

Però, però. L’astuto Fini non ha applicato la medesima mannaia a tutti i suoi predecessori. Con una capriola sintattica che potrete assaporare nell’articolo di Carlo Bertini, ha salvato i presidenti della quindicesima e sedicesima legislatura: Violante, Bertinotti e Casini, cioè i tre che in politica pesano ancora e che potranno godere di ricchi premi e cotillon fino al 2023. Giù dall’albero della cuccagna sono cascati solo gli ex che non contano più niente: l’antico Ingrao e la zarina Pivetti, il cui grido di dolore non può lasciarci insensibili, anche se magari non nel senso che vorrebbe lei. Mi chiedo, e chiedo all’onorevole Fini, che cosa ne sarebbe di questo Paese se l’emendamento pro Casta da lui escogitato fosse democraticamente esteso a tutti i cittadini e l’aumento delle tasse e dell’età pensionabile venisse rinviato all’anno di grazia (ricevuta) 2023.

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