Yushenko: "Il popolo vuole l'Ue. Il presidente non può ignorarlo"

«È come se non avessi mai lasciato quella piazza». L’uomo che inventò la Rivoluzione arancione rompe quattro anni di silenzio e si prepara a tornare protagonista. Contatta il presidente in carica Yanukovich, muove tutti i suoi amici a Bruxelles, prova a mantenere compatte le varie anime della folla di centinaia di migliaia di ucraini che da giorni paralizzano il centro di Kiev chiedendo l’associazione alla Ue, e le dimissioni del governo filo russo.
A sessant’anni non ancora compiuti Viktor Yushenko sembrava ormai un personaggio dimenticato. La "sua" piazza lo aveva trasformato in eroe nel 2004, ottenendo la ripetizione delle elezioni visibilmente truccate e portandolo alla guida del Paese. Una Presidenza in tono minore, schiacciata dalla crisi economica, dalle pressioni di Mosca, e dalle rivalità interne. E finita nel 2010 con un’uscita di scena silenziosa. Adesso prova a proporsi come mediatore tra la folla e il potere. Nel suo studio da pensionato, tra oggetti di artigianato popolare e poche foto dei bei tempi, si ricomincia a parlare di politica e di futuro. Un solo tabù: quelle strane chiazze sul viso, forse provocate da un tentativo di avvelenamento di misteriosi servizi segreti stranieri.
Quanto era diversa la sua rivoluzione da questa di oggi?
«Le differenze contano poco. La cosa è importante è che ancora una volta c’è un popolo di giovani che si ribella. Vuole il suo diritto a far parte dell’Europa. A godere dei diritti, della democrazia, della visione più aperta del mondo che solo l’Europa può dare. E il Presidente non può ignorarla».
Finora invece pare proprio di si. Tra quattro giorni scade l’ultimatum per lo sgombero della Majdan e non c’è traccia di dialogo in vista.
«Eppure Yanukovich è ancora in tempo. Invertendo subito la rotta, riagganciandosi alla Ue potrebbe dare un segnale importante. Anche l’Europa dovrebbe fare qualcosa di più e sto lavorando per questo. Per voi è importante avere un Paese che faccia da ponte con quel blocco euroasiatico, neoimperialista che si sta formando a Est».
Ma come può sottrarsi alle pressioni di Putin?
«Ho vissuto sulla mia pelle quel genere di pressioni. La Russia minaccia, promette, e soprattutto offre una prospettiva comoda e senza problemi. Aderendo alle proposte russe non avremo alcun impegno politico. Niente diritti, niente garanzie di elezioni oneste, niente sforzi per la modernizzazione. Basterà stare fermi per ottenere qualche aiuto economico, un bello sconto sul gas, e magari un po’ di regalie peri singoli uomini di potere».
E perché Yanukovich dovrebbe allora comportarsi diversamente?
«Perché una piazza così vuol dire che il popolo non è con te. E questo si paga prima o poi. Puoi reprimere una volta, forse due, ma non si può reggere a lungo quando la gente si ribella».
Però la piazza, stavolta, sembra divisa. Ci sono i fedeli di Yiulia Tymoshenko, ma anche i populisti del pugile Klichko, i similnazisti del partito antisemita Svoboda.
«Loro devono fare di tutto per restare uniti. Ma il fatto che gente così diversa abbia un sogno comune dovrebbe far riflettere ancora di più».
Ma ognuno di loro sembra percorrere piste diverse. l Partito della Tymoshenko sembra il solo a chiedere la liberazione della sua leader in carcere da tre anni. Perché lei non ha mai detto una parola a favore della più focosa pasionaria della sua rivoluzione?
«Se mettiamo da parte i protagonismi e le questioni personali, le dirò che quello della Tymoshenko è un falso problema che ha monopolizzato e rallentato la trattativa europea».
Addirittura?
«Siamo pratici: l’inchiesta contro di lei è stata confezionata ad arte sulle attuali leggi ucraine. Continuare a sbatterci la testa non serve a niente. Il problema è politico. Solo l’associazione alla Ue e l’inizio di un processo di democratizzazione potranno portare alla correzione di questa ingiustizia e di tante altre. L’errore è stato invece porre il problema come una sorta di ricatto reciproco: voi la liberate e noi vi associamo alla Ue».
Ne ha parlato con gli interessati?
«Sia a Bruxelles che in Ucraina».
Dica la verità: questa sua mediazione potrebbe rilanciarla clamorosamente. Non è che sta mirando nuovamente alla poltrona di Presidente?
«Le elezioni sono previste nel 2015. Riparliamone tra un anno».
© 2013 La Repubblica. Tutti i diritti riservati
SU