Voto di coscienza e voto di fiducia

Dalla Rassegna stampa

Agli ormai cinque punti (dai quattro annunciati precedentemente) che il presidente del consiglio Silvio Berlusconi sottoporrà, in settembre, al voto di fiducia per verificare tenuta e lealtà della sua maggioranza, mi è parso, ad un certo punto, che il ministro Maurizio Sacconi volesse aggiungerne un altro: la bioetica. Da quando è stato proclamato, con chiarezza didattica, mostrando l'incisione su una moneta romana "restituite a Cesare ...date a Dio" si deve rispettare l'autonomia della politica nei confronti delle scelte ideologiche. A questo proposito, nella vicenda di Eluana Englaro, la politica partitica di tutti gli schieramenti ha dato il peggio di sé, strumentalizzando la dignità della persona, il mistero della malattia, la stessa scienza. Senza entrare nel merito di un approfondimento, più consono ad una conferenza che ad una breve riflessione, vorrei ricordare che il pluralismo religioso e culturale non può essere "incatenato" in un programma di partito o di governo. Che orrore uno stato etico che vede contrapposti punti programmatici in materie che riguardano solo scelte di coscienza individuale, ovviamente di una coscienza ben formata, che si esprime con chiarezza e verità, e non secondo contingenti opportunismi.
Un sacerdote, fondatore di un partito, Luigi Sturzo (cui forse troppi dicono di far riferimento senza conoscerlo bene), mentre preparava il programma del Ppi, sostenne che «se formiamo un partito politico al di fuori delle organizzazioni cattoliche (...) noi solo vogliamo che la religione non venga compromessa nelle agitazioni e nelle ire di parte». Più chiaro di così! Tutte le Carte fondamentali dei diritti riconoscono la libertà religiosa come diritto a manifestare individualmente o collettivamente, sia in pubblico che in privato, il proprio credo e l'osservanza dei propri riti. Come è ovvio, il limite che può essere imposto a tale diritto, per legge, riguarda le eventuali misure di protezione dell'ordine pubblico.
Sono "avvertenze" da maneggiare con cura, perché non sarebbe accettabile che un qualsiasi leader politico approfittasse di situazioni critiche interne alla propria maggioranza o al partito, per chiedere la fiducia sui temi sensibili. Tocca all'opinione pubblica vigilare e, d'altro canto, occorre che la stessa opinione pubblica abbia capacità critica per discernere. Servono informazione e formazione animate da istituzioni che hanno compito e responsabilità e finalità proprie, non certo dalla politica. A questa spetta prendere atto di quale è il sentire dell'elettorato e rispettarlo (il 75 per cento degli italiani astenuti al referendum sulla legge per la procreazione assistita). La prima repubblica fu caratterizzata da una sorta di monopolio della rappresentanza dei cattolici nella Dc; ora la loro diaspora li colloca all'interno di tutti gli schieramenti. Nonostante le palesi contraddizioni e incoerenze che affiorano nella maggioranza, anche sul piano dell'etica, pubblica e privata, oltre che sul piano programmatico (politica dell'immigrazione, federalismo, corruzione, eccetera) sembra che persista maggiore diffidenza da parte della Chiesa verso il centrosinistra. Tocca al Pd parlare anche agli elettori incerti sulla sua capacità di fare sintesi delle istanze di coloro che provengono dalle esperienze dei cattolici democratici o dalla tradizione popolare. La diffidenza non diminuirà né scomparirà se all'interno del Pd fosse "delegata", relegata, a una minoranza di provenienza ex Ppi la rappresentanza dei valori di riferimento dei cattolici e fosse "ufficiale" una certa quale attitudine laicista (che non è la cifra del popolo italiano).
La società poliarchica, di cui parla Benedetto XVI nella Caritas in Ventate, e che è ben delineata nel documento preparatorio della Settimana sociale del prossimo ottobre a Reggio Calabria, ci interpella per guardare al significato del pluralismo con lo sguardo rivolto al futuro, alla società multietnica e multiconfessionale. Nondimeno «i formalismi costituzionali», come li definisce sprezzante Berlusconi, rappresentano un sicuro riferimento per garantire il rispetto attivo del pluralismo. Per la nostra Costituzione lo stato non è il sovrano, ma una parte del tutto, in un sistema di istanze intermedie antidoto, tra l'altro, a un federalismo che “è un disvalore se disgrega” (Bagnasco).
 

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