Voce unica

Dalla Rassegna stampa

 

Il vicepresidente vicario dei senatori Pdl, Gaetano Quagliariello, in un intervista al “Tempo”, ha dichiarato che il Pdl deve parlare all’esterno con una voce sola: "nessuno nega che si sia creata una dissidenza all'interno del Pdl e che lo scontro tra Fini e Berlusconi sia avvenuto. Era assolutamente normale che la stampa ne desse notizia, che le trasmissioni tv di approfondimento politico mettessero in evidenza il fatto invitando esponenti delle due diverse posizioni". Però, ora che il dualismo sembra istituzionalizzato, "non possiamo pensare che da adesso in avanti diventi un'abitudine che due persone elette tra le file dello stesso partito vengano invitate nei salotti del piccolo schermo in quanto portatori di due posizioni diverse. Altrimenti ci sarebbero due partiti". Si tratta di un richiamo al rispetto dell’ovvia esigenza di centralismo (democratico o, come è stato detto, “carismatico”, vista la natura della leadership berlusconiana, non ha importanza), senza il quale il partito come istituzione semplicemente cessa di esistere. Il Pd - per il vicepresidente dei senatori della maggioranza - questo l’ha capito e non è un caso che nei dibattiti pubblici c'e' “un esponente del Pd che prende posizioni con sfumature differenti in base alla corrente di provenienza, ma che nel momento in cui parla rappresenta la voce unica del Pd". Quella di Quagliariello, che in gioventù ha studiato a lungo l’importanza della “forma partito”, è dunque, prima di tutto, una difesa del partito in quanto strumento istituzionale di comunicazione politica, al punto che il suo appello si rivolge soprattutto ai giornalisti: “devono essere gli editori e i conduttori dei talk show televisivi a tornare a rispettare le regole della comunicazione politica: un esponente per un partito". Non c’è dubbio che la sua presa di posizione risenta delle tensioni interne al proprio partito, ma in primo luogo della competizione tra Pdl e Lega. Una competizione che ha proprio nel partito, nella sua qualità ed efficienza, uno dei punti chiave. Il Pdl sta perdendo vigore, all’interno della coalizione di governo, proprio perché la Lega riesce a presentarsi come falange ordinata e disciplinata, fornita di un capo ben visibile, di un gruppo dirigente, di articolazioni organizzative territoriali, di militanti operosi ed obbedienti, il tutto ben sintetizzato da una sola linea politica pubblica. “Sembra che mentre noi stiamo qui a litigare tra di noi – ha affermato Quagliariello – loro siano gli unici a comportarsi con normale discrezione. Dicono che l'unica cosa che conta per loro e' quella di occuparsi del governo del Paese e magari raccolgono i frutti di quanto stiamo facendo noi". Di fronte al monolite leghista, il Pdl è in difficoltà ed una delle ragioni è proprio l’immagine del partito considerato non solo di “plastica”, composto cioè non da militanti ma da ammiratori, ma adesso anche diviso al proprio interno.
 
Se l’invito di Quagliariello nasce da una doppia, contingente, esigenza, quella antileghista (invitare Fini a far quadrato contro il comune avversario interno) e quella berlusconiana (limitare il peso della corrente del Presidente della Camera), non va però nascosto che un simile intervento rappresenta un segnale del nuovo dibattito sul partito, sollevato nei giorni scorsi dalla dura presa di posizione di Fini. Sino ad allora il problema del partito in casa Pdl non si era affatto posto con questa urgenza, dato che il progetto politico di Berlusconi non ha mai richiesto alcuna organizzazione. Era sufficiente, infatti, fare affidamento sul suo carisma per ottenere voti da tramutare in legittimazione politica e dunque in sistema di governo, senza bisogno di altre mediazioni o “orpelli” per la raccolta e la trasmissione della volontà popolare. Ed è questa la ragione per cui l’appello di Quagliariello oggi viene accolto con fastidio e sarcasmo all’interno della corrente minoritaria e del mondo dei talk show. Dopo aver contribuito a fare della politica un deserto privo di ogni articolazione rappresentativa in nome di una astratta governabilità, deserto in cui si muove un esercito di individui, personaggi figure e figuri dalla improbabile legittimazione popolare, diventa difficile chiedere attenzione per un’istituzione collettiva come il partito politico che postula invece il sacrificio del personalismo in nome di una causa comune. La richiesta di una “voce unica” è, quindi, a suo modo un esplicito invito a riportare l’ordine in casa Pdl, ma anche un implicito segnale dell’avvio di una riflessione sul dopo Berlusconi e su come surrogare la sua magnetica forza politica. E in mancanza di leader carismatici un forte partito rimane ancora il modo migliore.

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