La vocazione maggioritaria dei Radicali

La candidatura di Emma Bonino alla presidenza della regione Lazio rappresenta una novità per il centrosinistra e per gli stessi radicali.
Se infatti è vero che mai i progressisti (nelle loro varie denominazioni e strutturazioni partitiche) avevano appoggiato un esponente del Pr per una importante carica istituzionale è anche vero che mai i radicali erano stati alla testa di una alleanza politica in una competizione come le regionali.
Una sorta di vocazione maggioritaria sui generis: non è una sfida anche per il partito di Pannella quella di guidare una coalizione? Se consci di questa novità, per i radicali la cosa sarebbe davvero nuova.
Per la loro mentalità. Sempre abituati a preservare la propria autonomia e a coltivare il loro profilo, i pannelliani si trovano ora a gestire una sfida di primo piano, passando dalla parzialità delle lotte ad una capacità generale di proposta politica, con il compito di rappresentare qualcosa che va oltre la loro linea.
Sappiamo da tempo che non c’è nulla al mondo in grado di mutare le posizioni di fondo dei radicali eppure stavolta saranno costretti a tenere conto delle sensibilità altrui.
Esempio facile facile, il disagio di (alcuni) cattolici di cui si è letto e scritto molto, anche oggi su Europa.
Come ha risposto la Bonino? Facendo capire di non sopravvalutare il problema: «Forse posso avere dei problemi coi clericali – ha detto al Tg5 – ma non con i cattolici».
Il problema maggiore semmai ce l’ha proprio il Pd. Pierluigi Castagnetti fra gli altri ha rilevato che l’appoggio alla Bonino non è stato contrattato, non si inquadra cioè in una alleanza politica determinata.
È per così dire casuale. Anche Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera ha scritto che «il Pd rischia di essere costretto ad accettare come candidato una persona che gli è stata virtualmente imposta dall’esterno senza neppure uno straccio di accordo preventivo». E considerazioni non dissimili sono state svolte anche da Luigi La Spina sempre ieri sulla Stampa.
E tuttavia c’è da chiedersi se in queste ore nel corpo del Pd l’atteggiamento mentale non sia piuttosto quello espresso alla sua maniera da Diego Bianchi, alias Zoro, sul Riformista: «La cosa divertente di questa stramba strategia delle alleanze portata avanti dalla segreteria Bersani, è l’apparente botta di culo che si sta per verificare nel Lazio».
Si tratta in definitiva di una doppia sfida. Per il Pd, certo. Ma anche per l’inedita “vocazione maggioritaria” dei radicali, se vorranno e sapranno giocarsela.
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