"Viva la libertà": la follia vincente della verità

Dalla Rassegna stampa

Deve esserci stato più d'un momento, nella fase estremamente concitata del dopo-voto che tuttora persiste, in cui Pier Luigi Bersani avrà provato lo stesso impulso del protagonista di Viva la libertà. Nel film bello e premonitore di Roberto Andò, uscito nelle sale prima delle elezioni politiche, c'è infatti un grandioso Toni Servillo nelle vesti del Segretario del maggiore partito di sinistra che, a un certo punto, non regge più e molla tutto. Abdica. Fugge.
Di questi tempi, in effetti, la trama potrebbe attagliarsi anche al capo di un altro Stato, molto vicino geograficamente al nostro, anzi quasi "interno", ma per una volta occupiamoci solo dell'Italia. E pensiamo, immaginiamo cosa sarebbe successo se il leader del Pd, nell'imminenza del voto, fosse scomparso senza lasciare traccia, lasciando attonita la moglie (una quasi imperturbabile Michela Cescon) e smarrito il suo collaboratore più stretto (il cangiante Valerio Mastandrea). Ma, ancor di più: gettandosi alle spalle compagni di partito falsi e invidiosi, nonché vecchie trame interne di potere, stantie e perdenti. Certo, non si può sognare che, come nel film, ci sia un gemello ritenuto pazzo, che invece si scopre assolutamente geniale. Né che il segretario del Segretario riesca a scovarlo (ed è di nuovo, ovviamente, Servillo) e a convincerlo di interpretare suo fratello, alla maniera di...se stesso.
Questo fa, quel fratello nascosto, quell'alter ego imprevedibile e carismatico, commovente e divertente: fino a sorprendere vecchi presidenti, a far ballare una emozionata Merkel e a trascinare folle di elettori affascinati (noi del pubblico in sala). No, non si possono sognare le immagini di un film come se fossero la realtà. E infatti è piuttosto difficile ipotizzare che, anche rivelando una vena di sincera follia, il leader del Pd avrebbe potuto finalmente rinnovare, trasformare la Sinistra o quel che ne è rimasto, fino a farla diventare almeno una speranza. Eppure, andando a vedere Viva la libertà - e lasciando debitamente fuori dalla sala quel po' di depressione post elettorale che ormai ci accompagna come un cane fedele - si potrebbe almeno prendere spunto perché alle prossime, imminenti ri-votazioni, il linguaggio della Sinistra sia quello della verità, della laicità, del sogno e della realtà più umana possibile: forse sarà ritenuto folle. Ma magari sarebbe, per una volta, vincente.

 

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