Il Vietnam in Italia? Parliamo di diritti

Da oggi avrà inizio in Italia un’importante visita di stato della leadership vietnamita. La prima di un presidente vietnamita nel nostro paese dalla sua indipendenza, che punta al rafforzamento delle relazioni economiche tra i due paesi, come ha spiegato il presidente Nguyen Mihn Tret nell’intervista pubblicata dal Corriere della Sera.
Con l’occasione le autorità vietnamite incontreranno anche il papa nell’ambito di un processo di avvicinamento che è in corso da tempo e che mira ad instaurare relazioni diplomatiche tra i due stati. Il Vietnam, paese comunista fondato sull’ateismo di stato, è infatti uno degli ormai pochi paesi che non riconosce lo stato Città del Vaticano. Tuttavia, Oltretevere possono stare tranquilli, si tratta solo di una questione di tempo: come l’ideologia economica comunista ha ormai lasciato il campo al capitalismo e agli investimenti esteri – sempre sotto il rigido controllo dello stato – portando il Vietnam nel gruppo dei paesi con la maggiore crescita economica nel mondo nell’ultimo decennio, anche nel campo degli affari religiosi abbiamo assistito ad un cambio di strategia da parte delle autorità vietnamite, che non garantisce però la libertà religiosa.
In Vietnam non è più vietata la pratica delle religioni, tuttavia può avvenire soltanto all’interno di “chiese di stato”, le cui gerarchie sono formalmente e sostanzialmente controllate dal partito comunista, che vigila sul loro funzionamento e contro il possibile “indottrinamento anti-comunista” che potrebbe avervi luogo.
Questa evoluzione ha riguardato la religione buddista – religione alla quale la maggioranza dei vietnamiti praticanti fa riferimento – con la messa fuori legge della Cchiesa buddista unificata e i conseguenti arresti domiciliari dei loro patriarchi che vanno avanti da decenni, ma ha riguardato anche la religione cattolica e quella protestante.
Ad esempio le nomine dei vescovi cattolici in Vietnam devono essere concertate dal Vaticano con il partito comunista.
Rapporti di organizzazioni ufficiali come la commissione Usa sulla libertà religiosa classificano il Vietnam tra i paesi che violano la libertà religiosa nel mondo.
Oggetto di una particolare ed odiosa repressione sono, in questo contesto, i Montagnard, popolo indigeno noto per aver combattuto a fianco degli americani durante la guerra, e per essere stato oggetto, dopo il ritiro americano, di una feroce repressione politica cui si somma anche la discriminazione razziale.
In un’audizione svoltasi davanti al comitato sui diritti umani della camera lo scorso 19 novembre il presidente della Montagnard foundation, e consigliere generale del partito radicale, Kok Ksor, ha dichiarato: «La persecuzione delle comunità cristiane clandestine continua ancora oggi. Mentre vi parlo, centinaia di appartenenti al nostro popolo languono nelle prigioni vietnamite. Human Rights Watch, Amnesty International (..) hanno riconosciuto che ci sono centinaia di prigionieri Degar ingiustamente incarcerati per attività non violente».
In parlamento nei mesi scorsi vi sono state mobilitazioni ed iniziative per sollevare il tema della persecuzione dei cristiani nel mondo, e va da sè ricordare che sono stati molti gli esponenti della maggioranza che, con il ministro Frattini, hanno preso posizioni nette su questo tema.
Da laico che non ha, come si dice, il dono della fede, ma che da anni segue queste vicende, spero che, sia di qua che di là dal Tevere, qualche rappresentante istituzionale alzi la voce per difendere i diritti dei prigionieri di coscienza che languono nelle prigioni vietnamite.
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