"Vieni via con me" per le donne ha il suo bel ghetto

Non mi piacciono le funzioni liturgiche, le messe e le autocelebrazioni. Preferisco le discussioni anche aspre o le conversazioni sottili.
Per questo in televisione amo le trasmissioni che aprono contraddizioni e pongono problemi non quelle che li risolvono almeno nel format.
I buoni sentimenti, il politically correct, il quadro rifinito delle proprie posizioni, anche se giuste, contengono qualcosa di stucchevole che mi allontana dal video.
Insomma non sono tra i fan della trasmissione di Fazio e Saviano anche se faccio parte dei nove milioni che la seguono. Non mi trascina, non mi diverte se non in alcuni casi, la mia assomiglia all’attenzione dell’entomologo. Ho capito che tanta parte degli italiani e - suppongo - tanta parte della sinistra con quella trasmissione si identifica, la attende, la ama. È un fenomeno di massa, è una manifestazione politica virtuale, serve a riconoscersi a creare e rinnovare delle relazioni. Il giorno dopo se ne parla con i colleghi o con la mamma, se ne discute col barista, ci si confronta con gli amici. Per questo vale la pena di capire, di soffocare qualche sbadiglio e di guardarla fino in fondo.
Ho fatto questa premessa per dire che invece lunedì sera la mia serena anche se critica disposizione alla comprensione ha vacillato. Stavo osservando tra me e me che fra presentatori, comici, ministri, immigrati, a parte il toccante intervento di Ilaria Cucchi sorella di Stefano, la presenza delle donne era ridotta a quasi zero. Mi ero giusto detta di smetterla di fare la "femminista storica" anche a tarda sera sdraiata sul divano sorseggiando un decaffeinato. Un format è un format era stato spiegato da Fazio all’inizio. E non importa se in nome di questo dopo un lunghissimo monologo in cui Roberto Saviano aveva efficacemente accusato il Nord di invadere di spazzatura il Sud, nessuno aveva chiesto qualche delucidazione e qualche risposta al ministro dell’Interno, leghista e nordista. Che era lì, presente e vivo. Il format non lo prevede, il ministro doveva fare un elenco sulla lotta alla criminalità e quindi si trascura allegramente il fatto che era stato appena spiegato che fra criminalità e rifiuti c’era una legame neppure tanto sottile. Ma allora mi sono detta: che cosa prevede questo benedetto format quando dice che si parlerà di donne? Ed ecco che cosa ho visto. Prevede che delle donne si parli a parte, in una nicchia della trasmissione che fino ad allora aveva avuto solo presenze di uomini. A un certo punto in questo bel mondo di affermato protagonismo maschile si apre una passaggio ed entrano le donne. Un tempo qualcuno l’avrebbe definita ghettizzazione. Ma quei tempi, si sa, sono passati. E poi, non lo devo dimenticare, il format è il format. Parlano, anzi fanno il loro elenco, due donne che a me piacciono molto. Emma Bonino e Susanna Camusso. La storica leader dei radicali, accanita protagonista di tante battaglie giuste, l’ultima contro la infibulazione, e l’attuale segretaria della Cgil, la maggiore delle organizzazioni sindacali con cinque milioni di iscritti. Sono molto diverse e hanno idee molto differenti anche sulle donne, sul lavoro, sulla precarietà, sulle pensioni. Ma le due neppure si guardano. Di nuovo, evidentemente, lo esige il format. Emma fa un suggestivo e sentito elenco sulla mancanza di libertà di tante donne del pianeta. E come darle torto? Ma perché non dice una parola sulla nuova libertà femminile? Ce n’è tanta intorno a noi e io so che lei la vede bene. Susanna parla delle donne che lavorano. Sono tante, si sa, e combattano e si arrabbattano e non si arrendono. E ci provano. La segretaria della Cgil non usa il sindacalese. Per fortuna. La condizione della donna c’è tutta. Ma la forza delle donne? Quella è un po’ messa da parte. Che il format, tiranno, esiga di piangersi un po’addosso?
E poi Laura Morante legge un elenco di una giovanissima che racconta quello che vorrebbe che le donne potessero liberamente fare. Per esempio, si insiste molto sulla possibilità di indossare minigonne senza essere disturbate. Bah. A me pare che le giovani donne e anche le meno giovani si vestano come vogliono. E che oggi fra scollature abissali, e jeans che lasciano vedere il lato b la mi- nigonna sia un abbigliamento da educanda. Va bene il format e il format, ma un giro sugli autobus all’uscita delle scuole gli autori almeno una volta non potrebbero farlo?
La nicchia si chiude. Le donne sono sistemate. Dopo c’è David Anzalone, comico handicappato. Divertente in quella sua carognaggine che non si piange addosso, che sputa sui "normali". Finalmente qualcosa di non politicamente corretto. Eppure qualcosa mi disturba, qualcosa nel susseguirsi donne-handicappati non funziona. Ecco, ho trovato. Li ricordate quelli elenchi che si facevano nelle riunioni, nei comizi, quando i leader, maschi naturalmente, dopo aver parlato della questione internazionale, della situazione politica facevano - anche quello era un format- l’elenco degli altri problemi da affrontare ed enumeravano i giovani, i vecchi, le donne e gli handicappati? L’elenco degli sfigati. E noi pensavamo di esserci sottratte. Evidentemente non è così nella funzione liturgica della sinistra politicamente corretta. Mi arriva una mail dalla mia amica Angela Azzardo vice direttora de Gli Altri: «Le donne insieme agli handicappati, ai gay è andata meglio». Le rispondo: «Il format è il format».
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