Video dell'ostaggio italiano: "Berlusconi, aiutaci"

"Mi chiamo Cicala Sergio, sono nato a Carini l'8-12-1944. Dal 18 dicembre sono prigioniero dei combattenti di Al Qaeda". Così comincia l'appello audio «al governo italiano, al presidente della Repubblica e al governo Berlusconi» lanciato dall'ostaggio siciliano nelle mani dei guerriglieri islamici, assieme alla moglie, in una zona di deserto nel Nord del Mali. Sergio Cicala implora affinché vengano accolte le richieste dei rapitori, i combattenti di Al Qaeda nel Maghreb Islamico (Aqim), in modo tale da ottenere la liberazione sua e della moglie, Philomene Kaboré, originaria del Burkina Faso, 39 anni.
Il messaggio, intitolato «Appello dell'ostaggio italiano al governo di Berlusconi», è stato diffuso da un sito islamico che l'ha messo in rete il 24 febbraio. Se n'è avuta notizia solo ieri, grazie al centro americano SITE che si occupa di sorvegliare Internet, a ridosso dell'ultimatum dei ribelli
fondamentalisti, che scade il 1° marzo. Per oggi, cioè, i rapitori chiedono che vengano accettate le loro condizioni altrimenti i due italiani saranno uccisi.
«La mia libertà e quella di mia moglie - dice Sergio Cicala nel messaggio accompagnato da una sua foto che lo ritrae in ginocchio circondato da sei miliziani armati dipendono dalle concessioni che il governo italiano é disposto a fare». Poi la richiesta personale diretta a Berlusconi. "Il presidente del Consiglio è noto per la sua grande generosità. Spero che ci possa aiutare". Nel messaggio la voce di Cicala non tradisce che legga un testo preparato in precedenza.
L'appello è corredato da un comunicato pesantissimo. I fondamentalisti di Al Qaeda accusano il governo italiano di non aver fatto abbastanza per salvare le vite dei due ostaggi. «Nonostante siano passati due mesi dal rapimento dei due italiani - c'è scritto nel documento - e nonostante
l'avvicinarsi dell'ultimatum il governo italiano è rimasto in silenzio: non ha fatto nulla per salvare la vita dei suoi cittadini e ha mentito all'opinione pubblica parlando del suo impegno». Gli uomini di Al Qaeda chiedono quindi all'opinione pubblica italiana di esercitare pressioni sul governo «che non si è mosso seriamente. Diffondiamo questo messaggio affinché l'Italia si assuma le sue responsabilità».
Il gruppo Al Qaeda nel Maghreb Islamico ai primi di febbraio, durante un incontro con emissari del governo italiano, aveva posto le sue condizioni per il rilascio dei Cicala. La prima (la liberazione di quattro islamisti detenuti in Mali), comune a un altro ostaggio, Pierre Camatte, è stata accolta: i quattro sono stati rilasciati il 19 febbraiotra le proteste del governo algerino che ne rivendicava l'estradizione. II 23 il francese è stato liberato. Più difficile accettare la richiesta specifica per gli italiani: gli islamici chiedono la liberazione di alcuni loro compagni in galera nella Mauritania. Il governo mauritano è assai rigido e non intende aprire ai negoziati. Teme inoltre che la mano morbida chiesta dagli italiani possa tradursi in un rafforzamento dell'opposizione islamica e della guerriglia che opera nel Nord est del Paese. Nella querelle sono intervenute anche le autorità di Algeri (molti dei combattenti e dei leader di Aqim vengono dall'Algeria) che chiedono il pugno duro: «Con i terroristi non si tratta».
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