Veronesi verso l'ok, il Governo incassa una doppia vittoria

E la mossa "a la Sarkozy" congegnata dal Governo ha funzionato. Con una lettera al Corriere della Sera Umberto Veronesi ha sciolto le riserve: il senatore del Pd molto probabilmente accetterà di guidare l'Agenzia sul nucleare. Per un ok definitivo attende garanzie dal Governo su cinque condizioni, ma nel caso di accettazione la nomina ha scritto nero su bianco che si dimetterà dal suo incarico parlamentare. La scelta di pescare nel campo avversario per la guida di uno degli snodi più importanti della ricostruzione della burocrazia nucleare in Italia, ha dunque già avuto due conseguenze gradevoli, per l'esecutivo. La prima, la più ovvia, è che a guidare l'Agenzia sarà uno scienziato di fama mondiale che garantirà al ritorno all'atomo uno scudo formidabile contro le obiezioni degli oppositori, soprattutto tra i gli antinuclearisti del Pd. Soprattutto, peggio di come avvenne ai socialisti francesi, storditi dallo "scippo" di Balladur e Jack Lang e delle altre personalità di spicco del partito da parte di Sarkozy al suo insediamento all'Eliseo, la candidatura ha immediatamente spaccato il Pd e l'ha gettato nella sindrome da cannibalizzazione. Nel fine settimana scorso, dopo che Pierluigi Bersani era stato insolitamente duro, chiedendo all'oncologo di rinunciare allo scranno al Senato, nel caso di un sì al Governo, il numero due del partito, Enrico Letta, si è invece schierato a fianco di Veronesi. Secondo il senatore piddino Mauro Zanda la reazione di Bersani si spiega soprattutto con la concomitante norma "ad personam" che era finita sotto forma di emendamento nel decreto energia in discussione al Senato. Una nor- ma che sospendeva l'incompatibilità tra i vertici dell'Agenzia e incarichi politici elettivi e che sembrava ritagliata su misura per Veronesi. «Quello - osserva Zanda - è stato un momento molto sgradevole della vicenda e forse Veronesi avrebbe potuto dire qualcosa anche allora». Nel frattempo l'emendamento è stato stralciato, ma l'oncologo ha già deciso, del resto, che non manterrebbe entrambi gli incarichi. E l'aut aut di Bersani ha di fatto dilaniato il partito ai vertici. Tra l'altro, Veronesi ha infilato anche una considerazione piuttosto velenosa sulla vicenda nella lettera al Corsera, ricordando ai suoi interlocutori di non essere mai stato iscritto al partito. Sottolineando, in sostanza, di essere una personalità illustre prestata al partito e difficilmente passabile di epurazioni. Ieri dal partito non è arrivato alcun commento ufficiale sulla lettera dell'oncologo, mentre è durissimo il commento dell'Italia dei Valori. Il partito di Di Pietro ha fatto sapere, attraverso il responsabile Ambiente, Paolo Brutti, che «le condizioni che il professore Veronesi pone per accettare la nomina presidente dell'Agenzia per la sicurezza nucleare sono così personali e generaliste che qualsiasi ministro delle Attività produttive o dell'Ambiente le accetterebbe a gran carriera». Secondo Brutti insomma quello dello scienziato «non è un sì condizionato ma un sì tondo tondo». Netta anche la presa di posizione del presidente dei Verdi, Angelo Bonelli, per il quale «a scelta del professore Umberto Veronesi alla guida dell'Agenzia per il nucleare è una scelta puramente ideologica del Pdl, che non ha fatto nessuna valutazione sulle qualità scientifiche del professore ma che lo ha indicato solo perché era il primo firmatario del documento con cui alcuni esponenti del Pd chiedevano a Bersani di cambiare linea sul nucleare e, quindi, per le sue idee sull'atomo».
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