Il vero ruolo dei cattolici nel processo unitario

Dalla Rassegna stampa

«A creare questa nostra Italia, il cattolicesimo fu d'ostacolo: gli elementi cattolici che vi parteciparono furono per lo più imbevuti di semi-giansenismo e di giobertismo della cui perfetta ortodossia è lecito dubitare».

Bisogna partire da questa frase di Adolfo Omodeo per capire l'ispirazione del nuovo saggio di Massimo Teodori, Risorgimento laico. Gli inganni clericali sull'unità d'Italia (Rubbettino, pp. 170, €13; sarà presentato domani, alle 18,30, alla libreria Arion Esposizioni di Roma, in via Milano 15/17 da Giuliano Amato, Stefano Folli, Ernesto Galli della Loggia). E ad essa aggiungere il sottotitolo che Vittorio Gorresio volle nel 1958 al suo Risorgimento scomunicato: «Il dissidio che continuiamo a pagare». È evidente che per Teodori i nostri tempi hanno qualche similitudine con gli anni Cinquanta, un decennio di controffensiva clericale e di Madonne pellegrine. Solo che oggi non si intravvede un De Gasperi che da leader dc seppe opporsi ai diktat delle gerarchie vaticane. Finito il partito cattolico, abbiamo assistito durante la Seconda Repubblica a una sempre più pressante presenza politica della Chiesa, che si è vista per esempio nella legge sulla procreazione assistita. Una influenza che si accompagna a una falsificazione storica, culminata secondo l'autore nel messaggio di Benedetto XVI per i 150 anni dell'Unità nazionale. Una «lettera all'Italia» in cui il Papa ha sottolineato il contributo fondamentale dei cattolici al processo unitario. Teodori pensa invece che il nostro Risorgimento fu sostanzialmente laico e che se l'anticlericalismo toccò punte di intolleranza lo si dovette anche all'opposizione della Chiesa e di tutto il suo apparato ideologico alle correnti della modernità. La politica dello Stato italiano in tema religioso e di beni ecclesiastici, osserva Teodori, fu impostato dalla destra moderata, con le leggi Siccardi varate dal governo del cattolico D'Azeglio, con la legge delle Guarentigie che nel 1871 cercava di attuare la filosofia della «libera Chiesa in libero Stato», con una riforma dell'istruzione che introduceva la scuola pubblica, varata nel 1859 dal cattolico liberale lombardo Gabrio Casati. A questi tentativi di modernizzazione la Chiesa cattolica rispose nel 1864 con il Sillabo, che indicava e condannava gli errori della modernità, a cominciare dal liberalismo. Il libro di Teodori dà ampio spazio al pensiero dei radicali anticlericali, da Cattaneo a Garibaldi e a Cavallotti, alle correnti massoniche e a quei pensatori come Amendola, Ruffini e Croce che sono stati testimoni del pensiero laico liberale, anche se a volte oggetto di «operazioni revisioniste».

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