Vero obiettivo: in(giustizia) e rappresaglia

Il sospetto esiste. Se anche un moderato come Casini si sbilancia, sino al punto da definire “una porcheria” il disegno di legge del Pdl che propone l’istituzione del processo breve, vuol dire che quella proposta è davvero irricevibile anche per i settori meno visceralmente ostili al premier e persino per alcune frange vicine al centro-destra.
I principali esponenti del Pdl non hanno negato che la proposta rappresenta un escamotage, l’ennesimo, per risolvere la questione dei processi a carico del Presidente del Consiglio. Dunque, nessuno intende negare che il disegno di legge sia una misura necessaria per risolvere un problema contingente. La differenza consiste nel fatto che tale contingenza, per i rappresentanti del Popolo della Libertà, riguarda sì il Presidente del Consiglio, ma solo in quanto vittima del tentativo della magistratura di sostituirsi al potere politico che va preservato, attraverso una totale immunità, da possibili colpi di mano di chi, attraverso strumenti giudiziari, potrebbe ribaltare la volontà delle urne. Per l’opposizione, invece, questo “mostro giuridico” è solo una legge ad personam messa in campo per permettere a Berlusconi di risolvere i propri problemi con la giustizia, che nulla hanno a che fare con il suo ruolo politico.
Si tratta, insomma, di un tentativo di sfuggire ai giudici che, però, è del tutto anticostituzionale in quanto la anche Consulta, da ultimo, ha chiarito che nessun cittadino può collocarsi al di sopra della legge e quindi chi riceve un mandato elettorale, come è avvenuto per Berlusconi, si deve sottoporre, se inquisito, al giudizio dei tribunali. Un’esigenza personale, dunque, secondo il centro-sinistra, che finirà tuttavia per produrre effetti devastanti se è vero che il colpo di spugna, nel complesso, riguarderà circa la metà dei processi in corso. Una vera amnistia preventiva che certo non gioverebbe all’immagine di chi, a destra, ha combattuto l’altra amnistia, quella con cui il governo Prodi ha cercato, senza successo, di ridurre il sovraffollamento delle carceri, alienandosi le simpatie del proprio elettorato moderato.
Sicuramente l’amnistia preventiva ha formalmente il vantaggio di rivolgersi a chi, sino a prova contraria, è ancora innocente ed è costretto dall’inefficienza del sistema giudiziario a rimanere, per anni ed anni, sotto la spada di Damocle dei tribunali. Ma tale argomento non sembra destinato ad avere troppo successo nell’opinione pubblica se pensiamo che potrebbero avvantaggiarsi del ddl salva-premier anche gli imputati dei tanti gravissimi ed odiosi reati che hanno attraversato le cronache di questi anni (Parmalat, Antonveneta, smaltimento dei rifiuti a Napoli, il rinvio a giudizio per abuso d’ufficio a carico dei Mastella, e tanti altri). Perché dunque un disegno di legge così duro, pieno di distinguo e con evidenti controindicazioni d’immagine (i benefici non valgono per i mafiosi, ma neppure per gli immigrati, e ne potranno usufruire invece coloro che sono sotto processo per truffa, ricettazione, lesioni gravi, abuso d’ufficio, corruzione semplice e in atti giudiziari)? L’impressione è che la proposta di legge sia stata pensata e varata come una rappresaglia alla bocciatura del Lodo Alfano e che, dunque, si presenti come un avvertimento della maggioranza alla minoranza a cui viene ricordato come il sistema costituzionale e lo stato di diritto possono essere colpiti anche attraverso una legge formalmente giusta, cioè che pone dei limiti alla durata dei processi. Non a caso sono già iniziate le manovre per cercare di recuperare almeno in parte il Lodo respinto, accogliendo la richiesta della Consulta di presentarlo come legge costituzionale. Quello che sembra sparito, comunque, è il fermo intendimento di Berlusconi, espresso dopo la sentenza della Consulta, a farsi giudicare, certo della sua capacità di dimostrare la propria innocenza.
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