La verifica delle scorte

Adesso il vero banco di prova diventa l’ordine pubblico. Perché il ministro dell’Interno Roberto Maroni annuncia «misure per rendere sicuri i comizi», ma il rischio alto è che basti una scintilla per infiammare la piazza.
Le avvisaglie si sono già avute nei giorni scorsi a Roma con gli scontri tra gli studenti dell’Onda e le forze dell’ordine, poi a Milano quando un gruppo di manifestanti è stato bloccato all’ingresso di piazza del Duomo in occasione della commemorazione della strage di piazza Fontana. La blindatura dei percorsi, così come la scelta di transennare i luoghi dei sit-in, si è già dimostrata inefficace se non addirittura controproducente e quindi sono altre le soluzioni che si devono cercare per garantire le manifestazioni di dissenso e la sicurezza delle personalità.
La minaccia del gesto isolato
Non c’è alcun segnale specifico di minaccia, ma preoccupa i vertici della polizia di Prevenzione quella tensione sociale che ultimamente, proprio nel capoluogo lombardo, ha unito nella stessa protesta i gruppi antagonisti e i metalmeccanici che si oppongono alla chiusura delle fabbriche. Gli analisti sono comunque concordi nel ritenere che non arrivi da qui il vero pericolo. La minaccia reale continua a essere quella del gesto isolato contro il presidente del Consiglio e gli altri leader politici. Dunque è su questo che adesso si lavora, verificando il dispositivo di scorta delle personalità e rimodulando i servizi di protezione. Perché l’aggressione a Silvio Berlusconi ha provato come anche la minima falla nel sistema possa portare, almeno potenzialmente, pesanti conseguenze.
La ricostruzione di quanto avvenuto domenica in piazza Duomo conferma i due errori nelle misure di vigilanza. Perché sono le riprese televisive a dimostrare come Massimo Tartaglia abbia brandito per qualche secondo la statuetta prima di lanciarla contro il presidente e questo vuol dire che la falla si è aperta proprio nello «scudo» che avrebbero dovuto formare i suoi uomini. Quegli stessi agenti che poi non gli hanno impedito di uscire dalla macchina con il volto sanguinante e di mostrarsi alla folla, esponendosi così a un ulteriore pericolo. Nessuno in quel momento poteva infatti escludere che l’aggressore avesse dei complici o addirittura che il lancio dell’oggetto fosse un diversivo prima di un atto ancor più grave.
«Gli 007 senza responsabilità»
Saranno il sottosegretario Gianni Letta e il direttore del Dis Gianni De Gennaro — convocati per oggi dal Copasir, comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti — a escludere qualsiasi responsabilità dei vertici dell’Aisi su quanto accaduto a Milano. Perché ribadiranno come la modulazione del servizio di scorta di Berlusconi non sia in alcun modo delegata al generale Giorgio Piccirillo, da due anni alla guida dell’intelligence interna. È vero che gli uomini a tutela del capo del governo sono inseriti nei ranghi del Servizio, ma non hanno alcuna dipendenza gerarchica dal vertice.
Di fatto si tratta di un gruppo autonomo, composto da uomini che provengono dai reparti scelti delle forze dell’ordine, anche se molti di loro seguono Berlusconi sin da quando era un imprenditore. Durante il suo primo mandato a capo dell’esecutivo fu lui a farli assumere al Cesis e con l’entrata in vigore della riforma dei servizi segreti si è deciso di trasferirli all’Aisi, ma sempre seguendo lo stesso sistema organizzativo. Dunque, alla fine, è soltanto il premier a impartire gli ordini come dimostra la scelta fatta domenica di andare a stringere mani e firmare autografi, nonostante già due mesi fa fosse stato avvertito del pericolo di entrare in contatto con la folla. E quella successiva di uscire dall’auto.
Il protocollo per i cortei
A tutte le personalità pubbliche sarà raccomandato di evitare contatti troppo diretti quando ci sono assembramenti, ma al Viminale si studiano regole più generali per lo svolgimento di comizi e manifestazioni. Tra le ipotesi c’è quella di istituire un protocollo al quale debbano aderire i partiti, le organizzazioni sindacali e tutti gli altri promotori di cortei e sit-in in modo da fissare— senza alcuna possibilità di modifica — percorsi, orari e regole. In questo modo la responsabilità sarebbe affidata — anche dal punto di vista del risarcimento del danno— agli organizzatori e ciò porterebbe alla creazione di un servizio d’ordine interno che possa contribuire a evitare il contatto tra chi sfila e le forze di polizia, proprio come già avviene per la Cgil.
Meno praticabile appare l’idea di seguire il «modello inglese» e istituire anche in Italia il cosiddetto «Asbo», il provvedimento interdittivo che colpisce i comportamenti antisociali e obbliga i manifestanti più violenti a recarsi in commissariato per la firma del registro mentre è in corso il corteo. La misura richiama il Daspo che già viene contestato ai tifosi, ma ha limiti di applicazione molto più stretti e servirebbe a punire soltanto i più facinorosi.
«In questa materia — evidenzia il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano— bisogna trovare la convergenza più ampia possibile e proporre al Parlamento soluzioni condivise con l’opposizione che possano aiutare a rendere più sereno il clima, fornendo garanzie a chi vuole esprimere in maniera pacifica il proprio dissenso».
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