La vera sfida: unire radicali e riformisti

Dalla Rassegna stampa

Anche se i sondaggi oscillano su un puntò in più o un unto in meno, osservando Sel un dato è indubbio. Questo partito, su cui pochi avrebbero scommesso al momento della nascita, si è affermato come una forza politica capace di raccogliere molti consensi e come luogo di rifugio della sinistra. Quest'ultima definizione farebbe pensare a una formazione politica nostalgica e di ex combattenti. La nostalgia è un sentimento positivo, come racconta Franco Giordano in un libro che abbiamo fatto assieme e che esce in questi giorni per i tipi della Dino Audino editore dal titolo significativo Nostalgia canaglia, tuttavia non è la chiave di lettura migliore per capire Sinistra Ecologia e Libertà. Preferisco immaginare questo partito come il punto di passaggio di una sinistra, composta sia da chi si oppose alla svolta della Bolognina sia da chi la approvò, che vuole tenere aperta la possibilità che nell'Italia di domani ci sia una forza di sinistra, radicale e riformista che non si crogioli nell'opposizione né si affidi alla carica rivoluzionaria dei movimenti ma si proponga di affermare un punto di vista di sinistra nella prospettiva del governo. Per un lungo tratto della sua breve vita questa prospettiva era tenuta aperta dalla candidatura di Nichi. Vendola alla guida del centro-sinistra. Nichi è il fenomeno più interessante nell'offerta di leadership emersa a sinistra in questi anni. Parliamo di un leader colto e "caldo" che è riuscito ad unire progetto e responsabilità di governo. La sua affermazione non ha soffocato altre personalità, basti pensare- all'emergere di Giuliano Pisapia, la cui vittoria a Milano è stato il grimaldello che ha scassato la destra berlusconiana. Non c'è dubbio tuttavia che oggi Sel si trovi di fronte -a un passaggio nuovo. Se guardiamo ai suoi obiettivi in rapporto alla crisi tocca ai vendoliani cimentarsi, in forme moderne, con una questione antica che ha affascinato i riformisti di tutte le epoche. La questione, cioè, di superare le colonne d'Ercole dell'assetto reale del capitalismo senza- cercare scorciatoie movimentiste o rivoluzionarie. In fondo, come ho ripetuto spesso su questo giornale, è il tema che ha affrontato Lula in Brasile, la cui esperienza, assieme a quelle delle socialdemocrazie nordiche, e ben più del laburismo blairiano, offre più stimoli alla riflessioni di tante discussioni sulla Terza Via da cui è nata l'idea politica del partito democratico. Siamo arrivati, quindi, a un passaggio in cui il tema della costruzione di una nuova sinistra che rimetta assieme radicali e riformisti può diventare compito più esaltante della stessa battaglia della leadership o del tema dell'alleanza con il Pd.

Penso che per far questo Sel debba uscire dal suo isolamento nazionale e porsi coraggiosamente il tema della convergenza con le socialdemocrazie europee. Penso anche che spetti a Sel rilanciare il grande discorso sul progetto sociale. Per dirla in breve, nel dopoguerra la sinistra era produttivista, industrialista, nemica della rendita e dei monopoli. Poi, seppe far propri grandi temi ideali, la pace ad esempio e il dialogo con i cattolici, i diritti civili, divorzio e aborto, la legalità democratica, contro terrorismo e mafie. Oggi si deve ripartire dall'Italia che vogliamo sapendo che le risposte culturali degli anni fra il Novanta e il Duemila, berlusconismo compreso, hanno progettato un Italia poco produttiva, dominata da uno sterminato ceto medio unificato dal populismo del Cavaliere. Oggi la società si sta rapidamente frantumando, tornano i temi dell'economia reale, del lavoro dipendente, dell'esercito dei senza lavoro, della partecipazione contro le scorciatoie populistiche o "tecniche". Cioè torna ad avere un ruolo la sinistra. Se questa diventerà l'agenda di Sel forse potremo immaginare un futuro della sinistra e troveremo le ragioni di una nuova convergenza fra esperienze passate, superando antiche divisioni, e nuovo protagonismo di nuovi attori sociali e politici.

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