Vent'anni dopo il Csm è ancora da riformare

«No alla caccia alle streghe», dice il ministro della Giustizia Angelino Alfano, a chi gli chiede un'opinione sulla cosiddetta P3. Poteva rispondere che come ministro della Giustizia, ha il dovere di aver fiducia nei confronti di chi conduce le indagini, e di augurarsi che si faccia chiarezza in tempi rapidi; avrebbe potuto dire che per motivi di opportunità si astiene da ogni commento. Invece evoca la caccia alle streghe. Il problema è che tra i collaboratori del ministro ci sono personaggi i cui comportamenti sono perlomeno imbarazzanti. Per riassumere i termini della questione. C'è questo Pasquale Lombardi, di casa in Cassazione, al ministero della Giustizia, al consiglio superiore della magistratura, al consiglio regionale lombardo e alla presidenza della regione Sardegna, in svariate procure. Chiama i suoi interlocutori "Fofo", "Nicolino", "Pinuccio", "Giacomino". Lombardi ha contatti col sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo, col capo del servizio di controllo interno del ministero Angelo Gargani; e quando i magistrati di Milano non si comportano come la cricca desidera, chiede consiglio ad Arcibaldo Miller, capo degli ispettori del ministero della Giustizia, invoca un'ispezione ministeriale; e Miller non lo manda a quel paese, gli dà consigli su come fare per ottenere questa ispezione. Altro che «caccia alle streghe»! Il ministro avrebbe dovuto piuttosto annunciare: ho convocato il sottosegretario Caliendo, il capo del servizio di controllo Gargani, il capo degli ispettori del ministero della Giustizia Miller, li ho pregati di "congelarsi" fino a quando l'inchiesta sarà conclusa; ho inoltre avviato un'inchiesta interna per accertare come sono andate le cose. Questo un ministro della Giustizia avrebbe dovuto e potuto fare. Si assiste in- vece a una sconcertante difesa d'ufficio. Michele Saponara, già parlamentare del Pdl, ora al Csm dice che «di pressioni ne arrivano per ogni nomina, dalla più importante alla più defilata. Uri iradiddio. Mettiamoci nei panni di questi magistrati. Ci sono gli ambiziosi, che si danno molto da fare. Ma ci sono anche tanti casi umani. Con le nuove norme, dopo un certo numero di anni devono cambiare posto per forza. Per molti di loro questo si trasforma in un incubo, hanno casa, famiglia, qualcuno un pezzetto di terra. Vanno in ansia, si danno da fare, a volte accade che perdano la bussola». Con buona pace di Saponara, non ci si mette nei panni di nessuno. Ventanni fa e più, radicali, socialisti e liberali raccolsero le firme per un referendum: la riforma del Csm. Non se ne fece nulla, anche allora qualcuno promise: «ghe pensi mi!». I risultati li abbiamo sotto gli occhi. Non sarebbe il caso di ripensarci?
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