Vendola studi da Pisapia

Dalla Rassegna stampa

Manca, per una riflessione non militante sulle primarie per la guida di un governo di centrosinistra, qualche elemento di conoscenza della candidata veneta, necessario per rinforzare un istintivo interesse. Manca anche l’auspicata uscita dall’inerzia dell’assessore al bilancio della giunta milanese, centrista atipico, di convinzioni radicali e radicate, sostanziosa sintesi correttiva – per i non militanti e i non tifosi – tra l’indimostrato peso specifico del sindaco fiorentino, la concretezza senza sorprese del segretario del Partito democratico e l’obiettivo effetto restringi alleanze del governatore pugliese. Poteva, potrebbe ancora essere una opzione razionalmente attraente per quanti si ricordano che la posta in gioco è molto più che una sfida per la guida di un partito .
Proprio dal governatore pugliese conviene partire, e proprio per la posta in palio, troppo distante dalle sue potenzialità e forse dalla sua stessa volontà. Per essere comunque utile dovrebbe studiare “da Pisapia”, il quale come prima mossa ha affidato a un esponente del centro la regia della giunta – a lui non si chiede tanto,per carità. Dovrebbe farlo da quando il sindaco milanese, in piena euforia per la vittoria, ne stigmatizzò il conformistico approccio da porta sbarrata agli estranei. Il suo compito potrebbe limitarsi a questa disponibilità, per essere di insperata utilità.
Restano i due candidati alla vittoria, il sindaco fiorentino e il capo del partito maggiore: cominciando con il riconoscere, a quest’ ultimo, il merito di non aver usato la tradizionale avarizia dei favoriti (nel suo caso del vincitore per mancanza di sfidanti), e il demerito di non essersi mostrato generoso fino in fondo.
I suoi detrattori, i tifosi avversari, se la cavano con poco sforzo e ancor meno fantasia, dipingendolo come un ragioniere dabbene e sempre prevedibile, buono per l’amministrazione ordinaria, tutto il contrario di quella che ci aspetta. La sua agenda adotta quella del capo del governo tecnico – il vero ulteriore sfidante del vincitore delle primarie – la colora un bel po’, se ne distacca anche un bel po’. Potendo, se vorrà, contare su ministri di migliore qualità dell’attuale .
Il dubbio riguarda un fattore esploso con il penultimo governo, la credibilità internazionale prima ancora che nazionale, vera cartina di tornasole, da qui all’eternità, dei capi di governo italiani. Come se avessimo esportato, per un bel po’, una merce di iniziale buona apparenza avariatasi con il tempo. In poco tempo: e ce ne vorrà per tornare affidabili. Il made in Italy politico è al bando su tutti i mercati, se si escludono l’attuale presidente del consiglio e il suo mentore, anch’egli in scadenza. Ma sui capi dello stato, se non interverranno velleità rottamatorie, ce la siamo cavata bene, fino ad oggi, sopperendo addirittura al discredito dei nostri pittoreschi rappresentanti nel mondo.
Al momento, lo sfidato garantisce sul terreno dell’affidabilità ben più dello sconosciuto sfidante, ma assai meno del richiesto. Questo il suo compito principale, mostrarsi non solo una garanzia di non mediocrità, ma anche di vera qualità. Al momento, nemmeno noi italiani sappiamo dare una risposta in questo senso, l’impressione è che la leadership sia tutta da verificare. Facendo uso di tutta la banalità possibile, comprare una vettura usata da lui senza dubbio, fargliela costruire, o anche solo scegliere, chissà.
Lo sfidante suscita più speranze, ma anche più incertezze. Al momento, un gioco d’azzardo, un gran colpo se va bene, diversamente possono essere guai. Al momento, ovviamente, per la scarsa conoscenza che si può avere del soggetto a fronte di un compito di enorme difficoltà, per di più da svolgere ancora sull’orlo del precipizio. Della scarsa conoscenza l’interessato è ovviamente incolpevole, ancora oggi: semmai non lo è della scelta di cosa mostrare, almeno fino ad oggi. Se gli si può riconoscere il merito di aver dato una mano di nuovo alla politica, almeno nel suo partito, bisogna anche addebitargli di aver messo da parte, nell’impresa, il conclamato criterio del merito, per portare dentro le istituzioni il fin qui fallimentare, almeno in economia, sistema dei tagli lineari. Che significa, anche, piena sottovalutazione dell’ importanza della funzione parlamentare, del tipo un deputato o un senatore valgono l’altro. Errore madornale di inesperienza, in quanto tale perdonabile, ma anche errore grossolano di presunzione, più inquietante.
Inesperienza e presunzione sa tanto di miscela infiammabile, che si ritrova anche nell’altra ricetta di tipo istituzionale che gli si conosce, volta a deprimere lo status del parlamentare e dare valore strategico al dimezzamento del numero. Idee concesse a chi non conosca le istituzioni, meno a chi si proponga addirittura di guidarle.
Questa la riflessione, a un mese dal voto. Entrambi i candidati hanno tempo e modo per rimuovere le apprensioni e i dubbi, per consolidare la fiducia e la convinzione. Il terzo, l’assessore, per decidere se cimentarsi per davvero, o limitarsi ad un annuncio già scolorito.

 

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