Veltroni sposa la linea Bersani: ok ad un governo tecnico a tempo

Se un domani si aprisse la crisi? «Bisognerà puntare a un governo tecnico di pochi mesi per cambiare la legge elettorale». E' un Walter Veltroni a sorpresa, quello che emerge da una lunga chiacchierata con l'Espresso, dove il fondatore ed ex leader del Pd di fatto sposa la linea Bersani, o almeno quella ultima di un governo emergenziale che cambi la legge elettorale "porcata".
Il clima (apparentemente?) disteso che si respira nel centrodestra e di riflesso sull'intero panorama politico si è trasferito anche dentro il maggior partito di opposizione, e quello che fino a ieri sembrava o veniva indicato come il principale antagonista dell'attuale leader alla fine sembra essersi allineato alla linea prevalente: bene la fine del berlusconismo, ma prima di votare bisogna tentare tutte le possibilità per cambiare legge elettorale e magari, perché no, esperire possibili alleanze in vista delle urne.
La posizione veltroniana è frutto anche di una discussione interna al Movimento da lui recentemente fondato, dove è prevalsa la tesi che noni si può andare a testa bassa contro vertice e linea del partito in un momento in cui è possibile il precipitare della situazione con apertura di crisi e conseguenti elezioni. I bilanci, semmai, si potranno e dovranno fare a urne chiuse. Qualcosa di più di una semplice tregua interna e qualcosa di meno di un alzare bandiera bianca. E la stretta di mano dell'altra sera tra Bersani e Veltroni alla presentazione della rivista di Marco Follini ha suggellato la pax interna al Pd.
Erano in duecento tra politici di maggioranza e di opposizione, imprenditori, giornalisti, manager, alla prima di "l'Ago e il filo", il mensile del centrismo italiano promosso da Follini, iniziativa editoriale che raggruppa il ghota giovanile del centrismo trasversale disponibile al momento: oltre a Follini e al fedele e super attivo Stefano Graziano, il comitato editoriale annovera Roberto Rao per l'Udc, Bruno Tabacci per l'Api, Enrico Letta del Pd, Flavia Nardelli dell'istituto Sturzo. Veltroni si è fatto vedere all'inizio, il tempo di salutarsi con Bersani, «ciao Pier Luigi», per poi guadagnare l'uscita, «ho un altro impegno, ma sono venuto qui volentieri». Non si sono visti né Francesehini, né Fioroni, ma nessuno ha messo in relazione le assenze con qualche motivo polemico. L"'allineamento" veltroniano non significa comunque rinuncia al veltronismo.
L'ex leader nonché vice di Prodi vede e constata che il Pd attuale si muove in tutt'altra direzione dalla vocazione maggioritaria, non è attrezzato né intende attrezzarsi per una novella traversata nel deserto, Veltroni ne prende atto, archivia la sua precedente linea, parla apertamente di alleanze, «bisogna costruire una coalizione», ma da qui in poi è tutto un procedere per linee veltroniane. E dunque: premier "esterno" («l'ho detto anche per ribadire che non sono candidato io») ma scelto con primarie; legge elettorale sì, ma non proporzionale, e deve rispettare due principi: «governo scelto dai cittadini e parlamentari eletti e non più nominati». E a chi pensa l'opposto, a governi decisi in Parlamento non dai cittadini ma dai partiti, Veltroni obietta che «si tratta di un'illusione, di un inondo scomparso da tempo, un luogo che non esiste più, quello dei partiti pesanti che facevano e disfacevano governi, il bipolarismo è il bambino da salvare». E proprio in nome del bipolarismo è nata la "Lega per l'uninominale", associazione trasversale formata da parlamentari di Pdl, Fli, Pd e radicali, con Pannella e Bonino della partita che tornano a rincorrere un loro antico sogno, importare in Italia il bipartitismo anglosassone.
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