Veltroni e il diritto di critica

Dalla Rassegna stampa

L'intervista rilasciata da Walter Veltroni al nostro giornale non è andata giù a molti esponenti democratici e, si dice, neppure alla "base" del partito. l'accusa che viene rivolta all'ex segretario è di aver posto il problema della strategia dal Pd durante una campagna elettorale, il che avrebbe effetti demotivanti. Ma in realtà Veltroni ha chiarito che il confronto, con Pier Luigi Bersani e non contro di lui, sarà aperto dopo il voto, ha sostenuto l'esigenza di una linea più inclusiva e meno pigra di quella attuale, allo scopo di riesumare la vocazione maggioritaria. Tutto ciò non sembra possa essere letto come il preannuncio di rotture traumatiche e tanto meno come un disimpegno dal confronto elettorale. Le elezioni municipali in alcune città, peraltro, non sono assimilabili a una specie di guerra mondiale durante la quale bisogna tacere perché “il nemico ti ascolta”. D'altra parte, un dirigente che indica l'obiettivo di raggiungere il 40 per cento dei consensi, credibile o no che sia il suo proposito, certamente non può essere considerato come una specie di sabotatore o addirittura, un amico del giaguaro, come sembra pensare per esempio Giorgio Merlo quando commenta le parole di Veltroni sostenendo che grazie a lui "Berlusconi e Bossi possono ancora dormire sonni tranquilli".

Naturalmente è lecito criticare le opinioni di Veltroni, per esempio come fa Massimo Cacciari che le considera troppo ottimistiche, ma la sensazione che si ha dalle reazioni dell'establishment democratico è il fastidio e l'intolleranza per la critica, non una fisiologica distinzione di posizioni politiche. Una leadership che si sente forte replica nel merito opponendo argomento ad argomento. Una che si sente debole cerca un raccordo con chi esprime proposte alternative per allargare la base programmatica. Chi invece reagisce con stizza malcelata, rifiuta di entrare nel merito e introduce persino il sospetto che chi non è d'accordo lavora per il re di Prussia, non è portatore di una capacità di direzione né debole né forte, rinuncia al suo ruolo generale per rifugiarsi in un'autodifesa quasi personale. Speriamo di aver capito male, ma i segnali di intolleranza sono davvero piuttosto espliciti.

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