Vado l'ultima guerra contro il carbone

Dalla Rassegna stampa

Hanno tirato in ballo l'Ingegnere e il colpo mediatico è andato a segno. Dopo le dieci domande rivolte a Carlo De Benedetti e sottoscritte da scienziati, scrittori, artisti e politici sull'utilità dell'ampliamento previsto, l'impianto a carbone di Tirreno Power a Vado Ligure è di nuovo sotto i riflettori.
Perché De Benedetti? Perché Sorgenia, società del gruppo Cir, è tra gli azionisti di Tirreno Power con una quota del 38 per cento. E perché, discendendo dall'universale al particolare, chiamare in causa l'imprenditore più vicino al Pd significa tentare di mettere alle corde il partito anche a livello locale. Pd che, pur mettendo al primo posto la difesa della salute dei cittadini, non chiude definitivamente le porte al progetto, come vorrebbero i detrattori dell'ampliamento della centrale.
L'ultimo scontro il 13 agosto scorso, all'incontro-dibattito alla festa di Rifondazione Comunista. Quando Livio Di Tullio, segretario provinciale dei democratici, guardato con sospetto dai rappresentanti dei comitati che si oppongono alla super-centrale, ha spiegato come su queste prospettive bisogna comunque confrontarsi, capire e mediare. «Ovvio che la salute - ha spiegato il segretario - viene prima di tutto, ovvio che i controlli sulle emissioni vadano fatti e con tutte le garanzie di terzietà, da soggetti che non possono essere la stessa Tirreno Power. Ma se alla fine si scoprirà che questo progetto porterà innovazione, occupazione e minore inquinamento, magari chiudendo la parte di impianto più obsoleta, perché dire di no a prescindere?». Vado Ligure fa da capofila nella protesta e non si fa fatica a capire che gli abitanti del comune confinante con il capoluogo ne abbiano fin sopra la testa delle servitù che li circondano: le ciminiere della centrale, la discarica, ora la futura piattaforma Maersk, che darà nelle promesse traffici e occupazione, ma non riesce a nascondere la silohuette sinistra di un nuovo incubo ambientale.
Fatto sta che la polemica politica, sempre sul solco dell'evocazione dell'Ingegner De Benedetti, si arricchisce di un nuovo tassello. Ma c'è bisogno di una premessa. Ieri Giovanni Gosio, direttore generale di Tirreno Power, è intervenuto con una nota di notevole rudezza contro le iniziative anti-centrale. Parla di «accuse gratuite e insostenibili per qualsiasi azienda e a maggiore ragione per una società oggi fondamentale dell'economia savonese». Insiste: «La situazione ambientale e di salute pubblica, per quanto riconducibile alle attività economiche, è per la provincia di Savona del tutto nella norma e anzi migliore in molti casi rispetto ai dati nazionali». Morale? «La situazione non desta alcuna preoccupazione». E qui sta il punto. Perché Gosio cita un «tranquillizzante» rapporto, lo studio decennale 1994-2004 dell'Ist e Asl 2, presentato nel 2008. Tranquillizzante lo era davvero, perché la sintesi finale era questa: «In generale risulta allineata con i dati nazionali e regionali (o inferiore) la mortalità per tumore: si evidenziano solo alcuni incrementi sporadici in genere in un solo sesso, quindi con più elevata probabilità di derivare da bias (errore statistico) da confronti multipli». E qui si torna alla polemica politica, che va oltre l'Ingegner De Benedetti.
Perché Paolo Franceschi, referente scientifico dell'Ordine dei medici, il professionista secondo il quale le morti per tumore sono drammaticamente più alte della media nazionale, ha una sua convinzione. «Ricordo benissimo che quello studio fu presentato in quei termini estremamente tranquillizzanti per la provincia di Savona: tutto bene, nessun allarme. In quel periodo governava Romano Prodi e il governo stava redigendo il piano energetico nazionale. Vogliamo dire che è stato fatto un regalino? Che non si è voluto che Savona e provincia diventassero un problema?». Conclusione: «I numeri possono essere tormentati, tirati ognuno dalla propria parte. Ma la realtà è una : quando li abbiamo guardati con le corrette metodologie, sono venuti fuori dati drammatici». Oggi l'ex assessore all'ambiente Franco Zunino (Rifondazione) non è più in giunta. La posizione sua e del partito è chiara: «Assolutamente no all'ampliamento della centrale. Intanto ci vorrebbe una maggiore efficienza degli impianti che ci sono già, per produrre la stessa energia bruciando meno carbone. Ma poi dobbiamo andare verso la metanizzazione. E la scelta finale è l'energia rinnovabile».
Già, ma intanto Tirreno Power ha già fatto avere tre messaggi alla Regione. Uno: non si può pensare di trasformare tutto l'impianto in una centrale a turbogas: l'Italia ne è ormai satura. Due: l'unica scelta economicamente conveniente oggi è il carbone, seppure con impianti che inquinano molto meno del passato, perché costa poco. Terzo: fateci sapere che cosa avete deciso, perché senza ampliamento potremmo anche andarcene. Così va in scena il conflitto dei no- stri tempi, quello tra ambiente-salute e occupazione. Non per nulla sbotta il presidente degli industriali di Savona Fabio Atzori: «Non perdiamo altro tempo. Di solito tanti parlano di grandi progetti, ma non si sa dove trovare i soldi. Qui abbiamo un'azienda pronta a tirare fuori 800 milioni di euro e facciamo discorsi come i temi di scuola». Intanto, però, la protesta s'incanala in rivoli sempre nuovi. Il sindaco di Vado Ligure, Attilio Caviglia: «C'era la necessità che il problema ambientale legato alla centrale Tirreno Power diventasse una questione di respiro nazionale. Il progetto di Tirreno Power è anacronistico e antidemocratico perché prevede l'uso massiccio del carbone e perché quasi tutto il territorio ha manifestato chiaramente la sua opposizione».
Il sindaco della vicina Quiliano, Alberto Ferrando, concorda: «Tutto quello che può servire alla causa per respingere il progetto ovviamente ci interessa molto. Ora l'obiettivo diventa poter indire una conferenza dei servizi per trovare il modo di intervenire sull'esistente, ridurre i rischi e l'inquinamento degli impianti attuali, senza aspettare il potenziamento». E i lavoratori? Molti di loro l'ampliamento, invece, lo vogliono. Valerio Vernazza è il responsabile d'esercizio dell'impianto: «Il nostro parere non può essere che positivo, questo progetto prevede un insediamento nuovo con limiti molto molto spinti al basso rispetto a quelli richiesti e anche la ristrutturazione dei vecchi gruppi. Alla fine si riuscirà a inquinare meno di quel che si fa oggi ma con una produzione superiore che garantirà anche occupazione».

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