Unicredit, tregua armata sulla banca unica

Dalla Rassegna stampa

Sei ore di riunioni per sancire la tregua al vertice di Unicredit. E prendere un mese scarso di tempo, fino al 13 aprile, nella speranza di modificare il progetto di riassetto in banca unica che ha causato l'ultimo di una serie di scontri tra l'ad Alessandro Profumo e i suoi grandi azionisti. Ma se non si troverà l'intesa sulla bozza originaria preparata dal management (e votata dal cda unanime a dicembre), allora potrebbe concretizzarsi la resa dei conti finale. E la clamorosa uscita di scena del banchiere genovese.
La nota stampa, diramata dopo il comitato strategico mattutino, è scarna. «Il comitato, considerando in maniera favorevole il progetto One4C, d'intesa con il management, raccomanderà al Cda di convocare un consiglio d`amministrazione straordinario il 13 aprile. Una seduta dedicata all'approfondimento e decisione finale sul progetto». Il presidente di Unicredit, Dieter Rampl, aggiunge: «C'è bisogno di più tempo per analizzare il progetto e sono convinto
che questa sia la soluzione migliore per la banca».
Di tempo, in realtà, ce n'è stato parecchio, per una ristrutturazione di cui si parla da quasi un anno e che vedeva tutti concordi fino a ieri. Proprio per questo, sono in pochi a pensare che il piano di banca unica- che sopprime le entità legali del gruppo in Italia e le raggruppa sotto la holding, con snellimento di strutture e risparmio di costi, anche di personale sia il vero oggetto del contendere. «Qui è in gioco il rapporto di fiducia tra Profumo e le sue Fondazioni, che in questo momento appare incrinato. Deve finire il tempo in cui un gruppo così esteso e complesso come Unicredit viene gestito come una one man band dal pur bravo Profumo», dice un consigliere, senza voler comparire. E in effetti, a giudicare dai commenti di chi ha presenziato alle riunioni, non è stato un passaggio qualunque quello di ieri. Il comitato strategico del mattino, presenti i consiglieri più importanti, ha avuto toni franchi e accesi, in cui i tentativi di mediazione del presidente Rampl sono riusciti solo a metà, scongiurando cioè la rottura definitiva. Ne è uscito un compromesso, con cui i manager si prendono un altro mese e si apprestano a fare qualche concessione agli azionisti. Specie alle Fondazioni, che più hanno da perdere dal progetto che cancella le direzioni generali e i cda insediati a Torino, Verona, Bologna. La principale richiesta dai soci - è quasi ufficiale da ieri - riguarda un country manager per l'Italia, forse con il rango di direttore generale. Resta da capire il modo in cui sarà concretizzato tale disegno: se il nuovo dirigente sarà numero uno di una struttura italiana separata dalla holding Unicredit, se dovrà riportare ai tre vice ad Fiorentino, Nicastro ed Ermotti, se verrà dalle file delle Fondazioni (e da quale).
Nei prossimi giorni gli incontri per riformulare il piano One4C riprenderanno, tra il top management e i "fondatori". Oggi invece si parla di numeri, il bilancio d'esercizio che Profumo illustra alla comunità finanziaria a Londra. Ieri il cda ha già deliberato i conti, che il management riterrebbe di soddisfazione, dato il momento della congiuntura e i tassi ai minimi. La media degli analisti si aspetta un utile netto 2009 di circa 1,3 miliardi di euro, un quarto trimestre che chiude senza profitti per gli accresciuti accantonamenti su crediti e un dividendo attorno ai 3 centesimi di euro per azione. Ieri il titolo Unicredit ha chiuso con un rialzo del 2,08%, tornando sopra i 2 euro (2,0375).

 

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