Una tregua improvvisa che conferma la Lega perno della stabilità

La tregua si è imposta con una tale rapidità che viene osservata con una comprensibile dose di cautela. Un presidente del Senato che prima evoca elezioni anticipate e poi, di fronte alla correzione di rotta di Silvio Berlusconi, assicura che «la maggioranza è coesa e si va avanti senza il voto», fa riflettere. Deve avere convinto a metà un po’ tutti, nonostante il coro di pacificazione che arriva da gran parte del Pdl e da palazzo Chigi. Lo stesso Giorgio Napolitano, dopo aver liquidato con flemma l’uscita di tre giorni fa di Renato Schifani, lascia capire che al ritorno dalla Turchia «probabilmente» lo incontrerà.
Segno che c’è ancora qualche aspetto da chiarire. Ma a mantenere la situazione confusa è soprattutto l’impressione che i rapporti nel centrodestra restino tesi. «Ovvio che se si rompe il patto elettorale si va al voto», conferma il coordinatore del Pdl, Sandro Bondi. Dietro l’ufficialità, premier e Lega continuano a diffidare di Gianfranco Fini. L’ultimo episodio è di ieri. Fini ha detto in un convegno che «democrazia non significa solo fare le elezioni... Anche Hitler è andato al potere con un plebiscito ». Allusione innocua ma potenzialmente esplosiva. «Se lo riferite all’Italia vi porto in tribunale», ha scherzato. Ma la precisazione dà il segno di un rapporto in bilico con Berlusconi. Se a questo si aggiungono le «grosse difficoltà» che Napolitano intravede in Parlamento insieme a «qualche spiraglio » sulle riforme, ritorna un’ombra spessa fra governo e Quirinale. «Attendiamo con la massima attenzione i rilievi» del capo dello Stato, annuncia a nome del Pdl, Fabrizio Cicchitto: parole che suonano come atto di omaggio e insieme di sfida.
Si ricorda che la maggioranza si sarebbe sobbarcata il peso della crisi economica e dell’eredità di «esperienze passate». Insomma, gli appunti del capo dello Stato sono accolti con una punta di irritazione. Per ora la scorciatoia elettorale non è stata imboccata. Ma sulle ragioni della frenata rimane un alone di mistero. Influisce senz’altro il silenzio pesante del Colle, stupito dal modo irrituale col quale se n’è parlato: la mossa di Schifani dava per scontati passaggi parlamentari che non lo sono affatto. E forse è stata sottovalutata l’«ala finiana».
Ma la stessa Lega sembra perplessa, confermandosi in questa fase il perno della stabilità. Il leader Umberto Bossi e Roberto Castelli ritengono che interrompere la legislatura possa essere solo «l’ultima spiaggia»: un estremo atto di lealtà al premier. E poi, esiste un «partito del 2013» trasversale e contrario al «tutti a casa » anticipato. Dettaglio ulteriore: il vicesegretario del Pd, Enrico Letta, avverte che in caso di crisi Napolitano dovrebbe cercare un’altra maggioranza parlamentare. Per il Pdl, significa analizzare ogni scenario da una inedita posizione di incertezza.
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