Una trattativa tormentata che indica il peso di misure impopolari

Dalla Rassegna stampa

 

La citazione in latino di Giulio Tremonti, «Primum vivere, deinde philosophari», prima si deve vivere, poi fare filosofia, è la stessa che regalò ai suoi l’allora segretario del Psi Beffino Craxi nel 1976, quando il loro partito rischiava di scomparire. Averla dissepolta ieri incontrando sindacati e imprenditori, lascia capire quanto il ministro dell’Economia consideri in bilico la situazione; e con quale fastidio ascolti le proteste che la sua manovra sta provocando: sebbene sia considerata obbligata dalla crisi europea, e non sia scontato che basti ad arginare la speculazione finanziaria.
L’ostilità viene dalle pposizioni, ma sembra affiorare nella stessa maggioranza. Si è parlato di un Silvio Berlusconi inquieto di fronte a sacrifici che Tremonti contrasti nel considera irrinunciabili; ma ridimensionano settori dell’amministrazione intoccabili per palazzo Chigi. Le voci sono diventate così fitte che Bossi si è candidato à pubblico mediare i contrasti. «Li incontrerò e getterò acqua sul fuoco» ha assicurato senza avvertire il paradosso.
Il colloquio di ieri a palazzo Chigi fra Berlusconi, il suo ministro ed il sottosegretario Gianni Letta prima del Consiglio dei ministri dà il senso di una trattativa serrata. E fotografa la preoccupazione di offrire all’opinione pubblica un piano che non alimenti tensioni sociali. Ma per quanto annacquata, la manovra approvata in serata scontenta comunque qualcuno. Si è già avuto un assaggio con l’annuncio del taglio di un miliardo e mezzo di euro agli enti locali: Tremonti ha avvertito che altrimenti l’Ue ridurrà comunque i contributi.
Ma per il Pd l’unico risultato sarà un aumento delle tasse locali. L’accusa che esponenti l’opposizione rivolgono al governo è di farsi schermo dei vincoli europei per colpire «i soliti noti». Tremonti ha invitato i propri interlocutori a «gestire insieme quella che non è una finanziaria qualsiasi». Ma l’ipotesi di un «sì» del centrosinistra rimane improbabile. Il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ha chiesto senso di responsabilità di fronte a «sacrifici equi». Il contorno, tuttavia, rimane confuso. Non è chiaro se manchi la consapevolezza della gravità della situazione; oppure se, pur intuendola, prevalga la diffidenza verso un ministro dell’Economia stimato a livello europeo ma ritenuto da alcuni alleati troppo «rigorista». Il sospetto più forte è che il centrodestra berlusconiano abbia difficoltà a chiedere al Paese di tirare la cinghia, ed a sfidare l’impopolarità. La discussione a dir poco animata di ieri sera in Consiglio dei ministri forse è lo specchio di un limite culturale, prima ancora che politico.

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