Una regia europea dietro il primo sciopero degli immigrati

Dalla Rassegna stampa

Oggi i lavoratori immigrati in Italia sono chiamati al primo sciopero "etnico" della storia del nostro Paese. Se è difficile definire il numero degli stranieri che in Italia effettivamente lavorano, i dati disponibili parlano della presenza sul territorio nazionale di un numero sempre crescente di immigrati: sarebbero ormai prossimi alla soglia dei 5 milioni, equivalente a un robusto - e per molti inquietante - 8 per cento della popolazione residente. Gli irregolari sarebbero oltre 400mila. Questi immigrati producono ormai poco meno del 10 per cento del prodotto interno lordo (Pil), circa 122 miliardi di euro all'anno. Forti del loro peso determinante e crescente, fanno oggi sentire la loro voce astenendosi dal lavoro. Obiettivo dichiarato, «sostenere l'importanza dell'immigrazione per la tenuta socio-economica del Paese».
Gli organizzatori dello sciopero sottolineano con insistenza la natura «spontanea» dell'iniziativa, che viene presentata come apolitica e apartitica anche se è ben evidente quale sia il fronte politico che la sostiene ed è di pubblico dominio la lista dei partiti che ha dichiarato la sua adesione. Non è nemmeno corretto parlare di un'iniziativa italiana, visto che oggi sono chiamati a incrociare le braccia anche gli immigrati in Francia, Spagna e Grecia.
Si tratta dunque di un'iniziativa che ha una regia europea. E il fatto che in Italia i partiti che la sostengono siano quello democratico, Rifondazione comunista e Sinistra e libertà, mentre le organizzazioni schierate sono i sindacati Cgil, Cisl e Uil oltre che Emergency e Legambiente non lascia dubbi sulla sua colorazione politica. Invece di un trasparente rosso, però, il Comitato Primo Marzo 2010 invece scelto come simbolo della giornata di mobilitazione un neutrissimo giallo, «non riconducibile ad alcun politico».
E gialli saranno i palloncini (naturalmente biodegradabili, assicura l'organizzazione) che alle 18.30, in tutte le città italiane, verranno lanciati in cielo per attirare l'attenzione sulla questione dell'immigrazione. Questione che secondo il comitato organizzatore si traduce nel mettere in un
unico mazzo «la cultura razzista che si sta diffondendo», «il naufragio di una politica d'integrazione vera», la richiesta di «rilancio di servizi per fornire ai migranti strumenti efficaci per non essere preda della malavita organizzata», i respingimenti in mare, i problemi nei centri di accoglienza e i drammatici fatti di Rosarno.
Oltre a sensibilizzare gli italiani di buona volontà (ma anche i francesi, gli spagnoli e i greci) su tutto questo, il primo marzo in giallo intende far comprendere a un governo percepito come ostile cosa significhi «stare ventiquattro ore senza di noi». Modello di riferimento il Great American Boycott del primo maggio 2006, movimento di protesta dei clandestini negli Stati Uniti a sua volta ispirato dal film del 2004 «A day without a Mexican», in cui il regista messicano Sergio Arau immaginava una California senza più hispanics, come negli Usa vengono definiti i latinoamericani.
La speranza segreta degli organizzatori è che una partecipazione massiccia allo sciopero avvicini l'Italia a una paralisi, ma l'obiettivo inseconda (e più realistico) è utilizzare questo primo marzo non come punto d'arrivo ma come punto di partenza. Per dove? Lo ha spiegato qualche  settimana fa Livia Turco, responsabile Immigrazione del Partito democratico, che suggeriva di lanciare una raccolta di firme («un milione sarebbe un bel segnale») per una proposta di legge d'iniziativa popolare finalizzata alla concessione del diritto di voto agli immigrati. Niente di
nuovo sotto il sole, dunque.
I toni più accesi vengono lasciati alle frange più estreme. In un messaggio di sostegno allo sciopero di oggi, il presidente della Puglia Nichi Vendola, portavoce nazionale di Sinistra e Libertà, parla di «primo marzo di lotta», di «doveroso atto di solidarietà» ma anche di «ricostruire un'idea del mondo e ridare un'anima alla politica del nostro Paese, macchiata da troppe leggi parafasciste sul tema dell'immigrazione». Alla faccia della strombazzata apoliticità
della «rivoluzione in giallo».

 

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