Una promessa da mantenere

Dalla Rassegna stampa

Ieri ci hanno promesso che la corruzione verrà colpita senza esitazione e che i parlamentari condannati non potranno essere candidati. Una promessa è una promessa e anche se i nostri politici non sono famosiper mantenerle, stavolta vogliamo crederci.
Nel comunicato stampa di palazzo Chigi c'è una frase chiara: le iniziative contenute nel disegno di legge contro la corruzione «rispondono alla domanda di trasparenza e controllo proveniente dai cittadini». Pare di capire che senza gli scandali a ripetizione di queste settimane che hanno indignato l'opinione pubblica e riesumato il fantasma di Tangentopoli non si sarebbe fatto nulla.
La credibilità del sistema politico non è mai stata così bassa dalla fine della cosiddetta prima repubblica. E l'unica cosa che può forse evitarle di precipitare definitivamente sotto i piedi è una legge che mostri in modo inequivocabile la volontà di rialzare il livello morale. Per questo la promessa merita attenzione. Ma l'istinto di sopravvivenza dei politici riuscirà a fare il miracolo? Purtroppo la strada è ancora molto lunga. Come è lunga quella dei disegni di legge che al pari di questo devono superare nell'identico testo l'esame della Camera e del Senato. Dove i parlamentari nei guai con la giustizia non mancano, e questo non è un presupposto ideale per immaginare un percorso in discesa. Ma soprattutto dove è passato il concetto che si possano pacificamente aggirare tutte le regole di ineleggibilità e incompatibilità semplicemente interpretando
le leggi. E' questo è un problema forse ancora più difficile da risolvere.
Roberto Calderoli avrà dunque il suo da fare per convincere molti colleghi a votare l'emendamento che equipara le regole per le candidature a Camera e Senato a quelle previste per gli amministratori locali. Qualcuno, è vero, avrebbe voluto misure ancora più drastiche. Come
l'ineleggibilità perpetua per i corrotti. «Era troppo», ha ammesso il ministro della Semplificazione.
Si tratta comunque di paletti molto più rigidi rispetto a quelli (praticamente inesistenti) che finora devono superare gli onorevoli, visto che vietano l'elezione ai condannati in via definitiva per una serie di gravi reati, quali sono quelli contro la pubblica amministrazione. Ma che nemmeno ora, proprio mentre la politica italiana è alle prese con uno dei passaggi più difficili dalle inchieste di Mani pulite, hanno potuto evitare il solito brutto spettacolo.
Basta dare un'occhiata alle liste per le elezioni regionali chiuse poche ore prima che il Consiglio dei ministri approvasse il disegno di legge. Dalla Campania, dove la capolista del Pdl Mara Carfagna, ministro delle Pari opportunità, si è battuta con impegno («applicheremo il codice etico in maniera diffusa»), arriva purtroppo una lezione assai istruttiva. Lì si è presentato, questa volta con il centrodestra, un consigliere regionale ex centrosinistra condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa già sospeso dall'incarico a
maggio per decreto della presidenza del Consiglio. La sua candidatura è stata addirittura sconfessata dal possibile futuro governatore del suo schieramento, Stefano Caldoro, che ha pubblicamente dichiarato: «Non voglio i suoi voti».
Ma Roberto Conte ha avuto ugualmente il posto in lista. E il vicepresidente del Consiglio regionale Salvatore Ronghi, dell'Mpa, per protesta non si è candidato. Sempre in Campania sono
stati poi riproposti in lista due esponenti del centrodestra e uno del centrosinistra «avvisati» con
l'ipotesi che abbiano riscosso indebiti rimborsi chilometrici dal Consiglio
regionale. Per non parlare della polemica innescata dalla presidente del Consiglio, Sandra Lonardo, moglie di Clemente Mastella. Destinataria di un «divieto di dimora» nell`ambito di
un'inchiesta per cui è indagata, si è comunque ripresentata capolista dell'Udeur a Napoli e Benevento. Farà lacampagna elettorale da Roma, e siccome non gli va giù se l'èpresa con
il candidato governatore della sinistra Vincenzo De Luca: «Lui può fare la sua campagna elettorale come se nulla fosse, nonostante abbia due procedimenti giudiziari in corso e io invece sono costretta all'esilio dalla mia terra». Che spettacolo!
D'accordo che in base alle
regole attuali l'ineleggibilità alla Regione scatta solo in caso di condanna definitiva.
Ma la domanda finale resta: tutti segnali coerenti con le promesse?
 

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