Una presenza fondamentale che ricorda a tutti noi la centralità dei diritti umani

Oggi si apre a Roma il 5° Congresso mondiale parlamentare sul Tibet promosso dall`intergruppo parlamentare per il Tibet. Vi hanno aderito oltre 200 parlamentari, di cui un terzo provenienti da circa 30 paesi. Si tratta del primo appuntamento internazionale che coinvolge direttamente parlamentari da tutto il mondo per discutere della questione tibetana e che si svolge dopo la violenta repressione delle manifestazioni del marzo 2008 e lo stallo nei negoziati tra i rappresentanti del Dalai Lama e il governo cinese. Il momento politico è importante. Ieri il Presidente Americano Obama, nel corso del suo viaggio in Cina, non ha dimenticato di parlare della necessità di assicurare la libertà di espressione su internet, e ha chiesto ufficialmente al governo cinese di riprendere al più presto i negoziati con i rappresentanti del Dalai Lama. Negoziati che sono durati per 7 anni e che si svolsero in segreto - errore questo da non ripetere - e sui quali Marco Pannella propone l`avvio di un Satyagraha mondiale per accertare la verità sulle proposte tibetane e cinesi. È quindi importante che questo appuntamento si svolga all`interno del Parlamento italiano, alla Camera dei deputati, grazie anche al sostegno del suo presidente Gianfranco Fini. Com`è noto questo congresso vedrà la partecipazione straordinaria del Dalai Lama dopo che ieri ha partecipato ad un`iniziativa delle Province autonome di Trento e Bolzano per approfondire, e ribadire, la richiesta di ottenere per i tibetani la piena autonomia politica, sociale, culturale e religiosa all`interno della Repubblica po- polare cinese. Una proposta che è, dunque, esattamente l`opposto della richiesta di indipendenza e di creazione di un nuovo Stato nazionale che le autorità cinesi continuano ad attribuire, in modo ormai tecnicamente diffamatorio, al Dalai Lama. È dunque sorprendente che al momento in cui scrivo, fatte salve le eccezioni di Fini e Pannella, nessuno dei leader di partito del nostro paese, anche dell`opposizione, né esponenti di governo, abbiano ritenuto di esprimersi a sostegno delle ragioni e del significato della visita del Dalai Lama nel nostro paese, nonché sulla sua importante presa di posizione a favore della ricerca di una soluzione alla questione sino-tibetana che si trascina da anni con tragici effetti. Questo accade in un momento in cui l`intera nostra classe politica si è schierata, singolarmente ma non sorprendentemente, anche qui salvo poche eccezioni, a sostegno della candidatura "unitaria" di Massimo D`Alema alla posizione di ministro degli Esteri dell`Unione europea. Ma in nome di quale politica estera verrebbe da chiedersi viene fatta questa candidatura? Della realpolitik ad oltranza che vede il nostro paese spostare l`asse della politica estera in modo quasi unanime verso la Libia di Gheddafi e la Russia di Putin, ed oggi e sempre di più verso la Cina, e che quindi considera ininfluente che i sistemi di governo autoritari di questi paesi siano una minaccia per la difesa della pace e della sicurezza? Oppure in nome di una politica estera che pone anche il rispetto del diritto internazionale e del principio della "responsabilità di proteggere" le popolazioni oppresse, tra le questioni che non possono essere dimenticate nei rapporti internazionali? Il presidente del Consiglio Berlusconi sembra ormai avere scelto una linea chiara, sostenuta anche dall`opposizione, con l`ennesimo incontro ufficiale a margine del vertice FAO con il leader libico Gheddafi (si tratta del sesto in poco più di un anno se non me ne è sfuggito qualcuno) e con le pacche sulle spalle di incoraggiamento al presidente egiziano Mubarak: due esponenti di governo al potere da decenni, che ricevono così anche l`indicazione ad andare avanti, invece che a riformare i loro paesi in senso democratico. Quello che, infatti, sfugge è che per politici come Gheddafi e Mubarak il bene più prezioso - anche se sempre destinato ad essere meno credibile e quindi presto svalutato anche per loro - è di ottenere la legittimazione democratica, in particolare dal presidente in carica del G8, e cioè del gruppo dei paesi democratici più industrializzati. Attenzione quindi: continuare e accelerare su questo crinale, derubricando la questione della promozione della democrazia e dei diritti umani nel mondo a questione inesistente o troppo difficile per un paese come l`Italia, significa farlo anche per la democrazia e il rispetto dei diritti umani nel nostro paese: e gli esempi in questo senso, dai respingimenti dei migranti, alla situazione delle carceri, all`illegalità del nostro sistema giudiziario condannato continuamente in Europa, sono più che segnali, sono conferme, dell`esistenza di un sistema democratico e istituzionale da molto tempo in crisi. Benvenuto quindi al Dalai Lama. Mi pare chiaro, infatti, che il suo messaggio di pace, nonviolenza, tolleranza e laicità vada sostenuto, non solo per il futuro democratico e libero del Tibet, ma anche per quello del nostro paese.
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