Una moratoria dell'articolo 18

Dalla Rassegna stampa

Ho presentato alla camera dei deputati una proposta di legge per una moratoria dell'articolo 18. Una proposta che intende superare anni (decenni?) di dibattito cristallizzato,con posizioni statiche, fondate su argomenti teorici, che non prevedono critiche. Mentre il paese perde competitività, i posti di lavoro languono e aumenta la precarietà.

La profonda incomunicabilità tra le parti ha prodotto un mercato duale: da una parte i garantiti (sulla carta) e dall'altra un numero sempre crescente di lavoratori senza diritti e con salari più bassi. Lo scontro ideologico ha impedito che nascesse un confronto sereno anche su un disegno di legge serio, come quello di Pietro Ichino, che vorrebbe superare fattuale sistema di apartheid.

La mia proposta di legge presenta un tentativo pragmatico ed effettivo, non basato su studi simulati, prevedendo un periodo di prova limitato a tre anni. In questo triennio le imprese potranno assumere nuovi lavoratori, superando la "tagliola" dei 15 lavoratori. In pratica all'articolo 18, che rimane in vigore con tutte le tutele e garanzie oggi previste, aumenta la soglia numerica che divide in due il mercato del lavoro.

I vantaggi di questa legge sarebbero, a mio avviso, evidenti: si verificherebbe sul campo, e ripeto solo per un periodo limitato a 3 anni, se l'articolo 18 rappresenta un ostacolo alla crescita dimensionale delle imprese, come sostengono taluni, oppure se è ininfluente, come sostengono altri. La norma varrebbe solo per i neo assunti: quindi i dipendenti delle aziende compresi nella fascia tra i 15 e 30 dipendenti non vedrebbero diminuire i diritti attuali, mentre per i lavoratori delle aziende sotto i 15 dipendenti non cambierebbe niente. Per i neo assunti il vantaggio potrebbe essere un lavoro al posto dell'attuale disoccupazione.

Trascorso il periodo di prova si verificherebbero in parlamento i risultati concreti ottenuti in termini di nuova occupazione verificando quante aziende hanno oltrepassato la soglia dei 15 dipendenti, quindi si deciderebbe in base ai fatti se la norma deve essere trasformata in definitiva e valida per tutti, perché ha effettivamente creato un maggior numero di posti di lavoro (facendo eventualmente anche emergere sacche di lavoro nero) e se ha consentito alle piccole imprese di crescere in termini di produttività, fatturato, competitività. Se il risultato della prova fosse negativo, ovviamente si tornerebbe alla situazione attuale.

Cosa vuol fare il Pd? Vuole restare immobile come il semaforo del celebre personaggio interpretato da Guzzanti oppure vuole accettare la sfida per provare a modernizzare il paese?

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