Una messa in prova per il Pd

Dalla Rassegna stampa

Primi effetti della bozza Orlando. Manconi invita a discutere di carceri apertura di un confronto di merito sulla riforma della giustizia da parte di Andrea Orlando, responsabile per il Partito democratico di questo settore, rende possibile una discussione e un approfondimento sui temi connessi, superando un clima di contrapposizione pregiudiziale da una parte e di autosufficienza dall’altro.
Luigi Manconi ne ha indicato con tempestività uno, quello del disegno di legge presentato dal Guardasigilli per trasformare in messa in prova con arresti domiciliari l’ultimo anno di carcere per i detenuti. Si tratta di una misura che tra l’altro cerca di sopperire, in attesa della costruzione di nuovi istituti penitenziari, all’intollerabile sovraffollamento delle carceri italiane, che solleva giuste proteste, appoggiate anche dallo
sciopero della fame da parte di esponenti Radicali. Manconi, giustamente, contesta l’interpretazione dipietrista, che parla di nuovo indulto, oltre a difendere l’indulto vero del 2006 che ha comportato, a conti fatti, una recidività pari a un terzo di quella registrata tra chi ha scontato interamente la pena.
Se il Partito democratico cogliesse questa occasione per collaborare criticamente all’approvazione del disegno di legge (come peraltro fece la maggiore opposizione di allora, quella di Forza Italia con l’indulto del 2006) mostrerebbe nei fatti la distanza che lo separa da manettari e giustizialisti.
Affermando in modo concreto e su un argomento così legato a esigenze umanitarie la propria autonomia, il Partito democratico acquisirebbe l’autorità necessaria per far pesare le sue proposte di riforma della giustizia in una dialettica resa finalmente fisiologica con la maggioranza. L’appoggio fornito da 105 parlamentari democratici alle indicazioni pubblicate da Orlando sul Foglio dimostra che esiste in Parlamento una larga maggioranza disponibile a intervenire sulla giustizia, senza farsi intimidire né dalle invettive giustizialiste né dall’arroganza corporativa della magistratura associata. Naturalmente le soluzioni indicate all’interno di questa vasta area non coincidono e talora stridono, ma intanto sarebbe importante che su qualche provvedimento si componessero le divergenze, con reciproca buona volontà, per dare un segnale rilevante.
La giustizia si può riformare. Questo è il messaggio da lanciare in modo chiaro e convergente, per forzare un blocco che dura da decenni e che ha procurato danni colossali.

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