Una madre della patria

Dalla Rassegna stampa

Sarà solo un gioco da salotto questo della donna al Quirinale? Un intrattenimento para-politico che dura la giornata dei sondaggi online per poi parlare d’altro, visto che non abbiamo ancora una signora a capo di un grande partito, figuriamoci dello Stato. In fondo quello di Napolitano è solo un auspicio che, a parole, condividono tutti. A meno che il presidente avesse un retropensiero. Quello di sparigliare la calca dei successori.
È vero che è un po’ paternalista e abbastanza retrò dire “una donna”, quando dovrebbe essere ovvio. Infatti perché no una donna? Ma sappiamo quanto siano resistenti i tabù e al “padre della patria” si può concedere di essere paterno.
Vale dunque la pena di cogliere l’occasione, se non altro per vedere il solito club monosessuale di veterani per un attimo impaurito da un fantasma femminile. Timore non del tutto immotivato. Sono giorni in cui lo scontro politico più duro e più importante è proprio tra due donne potenti e di scarsi sorrisi. Chi se lo sarebbe immaginato soltanto l’anno scorso? Insomma, proviamo a prenderlo sul serio quell’auspicio e lasciamo che i nodi vengano al pettine. Quali le candidature credibili? Va precisato che per credibile non si intendono solo i meriti individuali.
Sappiamo bene che ci sono donne competenti e sagge che potrebbero andare al Quirinale, ma sono fuori dalle prime file dei partiti e fuori dalla visibilità mediatica. Già è difficile immaginare che i parlamentari si accordino per eleggere un’outsider, figuriamoci poi se la signora non avesse il sostegno dell’opinione pubblica. Quindi la rosa di candidate è piccola, sono i nomi elencati nei siti online dei quotidiani.
Spicca Emma Bonino che piace ai lettori de Il Fatto e del Corriere come a quelli di Libero (sul quotidiano di Belpietro ottiene ben il 61 per cento dei consensi contro il 17 di Berlusconi). Anche nel 1999 buona parte dell’opinione pubblica la vedeva con simpatia e fiducia, non altrettanto i partiti.
Ma anche oggi c’è chi dice che è troppo laica, altri che è troppo liberal-liberista. Rosy Bindi allora, ma c’è chi la considera troppo cattolica, o piuttosto troppo di sinistra. E poi Anna Finocchiaro, Adriana Poli Bortone, Margherita Boniver, Chiara Saraceno, Elsa Fornero. Nomi che hanno autorevolezza. Ma sono le stesse donne che scrivono sui blog a scovare obiezioni su ciascuna. È come se le appartenenze politiche delle donne fossero più scandalose di quelle degli uomini.
Sembra più accettabile alla destra Massimo D’Alema o Romano Prodi e alla sinistra Gianni Letta o Gianfranco Fini piuttosto che nomi femminili con analoga storia politica. C’è tempo però per lavorare a una candidatura femminile. Se le energie della periferia si mettono in moto e se le donne che amano la politica hanno voglia di giocare la partita. Se, appunto. Intanto si potrebbe cominciare limitando il numero di maschi nel prossimo parlamento con un congruo numero di elette. È come per le Olimpiadi: per tirare fuori una campionessa da medaglia bisogna che tante si allenino.
È ancora vero, purtroppo, che un uomo può diventare presidente anche se appare mediocre (e poi, come è successo, forte del potere simbolico e pratico del mandato, rivelarsi migliore), una donna no, deve essere subito eccellente. Quindi, mentre si discetta sulla futura madre della patria, si può sottoscrivere quell’appello di donne che circola sul web e che dice: cari partiti, noi non vi voteremo se nelle vostre liste non ci sarà il 50 per cento di donne e se non renderete trasparente la biografia di candidati e candidate.

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