Una lotta per la giustizia

Credo che nessuno possa contestare che il movimento radicale sia stato l`unico ad impostare e proporre una strategia politica in materia di giustizia capace di affrontare direttamente i veri nodi che rendono il sistema del tutto incapace di dare risposta alla domanda di giustizia del cittadino. A partire dal caso Tortora in avanti, grazie alla lettura del fenomeno sin da allora proposta da Mauro Mellini, si è posto al centro dell`analisi il problema di colpire al cuore quel partito dei magistrati che - prima ancora che poter essere qualificato come rosso o nero, di destra o di sinistra - rappresenta il principale ostacolo alla realizzazione di un sistema che possa dirsi adeguato al paese normale di dalemiana memoria. Altrettanto incontestabile mi pare osservare che di quella stagione non sia rimasto granché se non l`autorevole testimonianza di un glorioso passato. Non riesco ad interpretare diversamente le realtà messe a confronto tra i disegni di legge in materia di giustizia presentati dall`onorevole Rita Bernardini, che ripropongono passo passo la storia e l`elaborazione trentennale di Pannella e compagni nel settore, e l`esito dei congresso di Chianciano dal quale dovrebbe venir fuori un`alleanza elettorale con Verdi e socialisti. Con quei socialisti, per intenderci, che hanno già detto di essere indisponibili ad esperienze terzopoliste e di guardare con favore all`alleanza con il Pd e che, giocoforza, sfocerebbe in un apparentamento con Antonio Di Pietro. Nemmeno riesco ad interpretare diversamente l`elezione a segretario di Mario Staderini (a proposito, auguri), che mi dicono essere avvocato ma che si ricorda in particolare per pervicaci azioni anticlericali. E il quadro non muta a guardare l`agenda radicale degli ultimi anni, tutta incentrata sui temi - sacrosanti, per carità della bioetica. In uno scenario del genere non ha aiutato ascoltare ieri Emma Bonino affermare che "un atto di disobbedienza civile lo farebbe in materia di malagiustizia", perchè proprio l`esperienza radicale insegna che la disobbedienza civile si pratica, non si annuncia. E il fatto di vedere la vicepresidente dei Senato rassegnata e inerte rispetto a quello che è stato definito il primo dei diritti civili, non fa che aggravare quel senso di scoramento e di sconfitta che probabilmente in nessun altro modo potrebbe essere combattuto se non con l`avvio di una nuova stagione di lotta per la giustizia giusta. A fianco degli amici radicali, s`intende.
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