Una Guernica siriana

Bisogna espiare per i morti, bisogna riparare per i morti affinché ci riscattino a loro volta. Bisogna farlo soprattutto per i morti di Aleppo, città martire, carnaio o cloaca sovraccarica di storia dove soffrono lottano e muoiono creature viventi.
Guernica siriana che la nostra viltà d’Occidente non ha saputo far diventare simbolo, indignazione, voglia di fare giustizia. Non solo gli almeno 65 gettati come stracci in questa fogna, dunque; ma per gli altri sessantamila che non abbiamo visto, che non sono diventati immagine, che sono numero e per cui non abbiamo patito l’orrore l’angoscia un povero sbigottimento. Che sono morti del nostro silenzio. Che abbiamo, noi Occidente, politici giornalisti intellettuali, animuccie sfinite, contribuito ad assassinare. Perché non abbiamo inviato aerei, missili, bombe, soldati contro il Tiranno assassino? Anche la domanda ci fa paura.
La riconciliazione dei vivi non è possibile se non dopo la riconciliazione dei morti. Allora guardiamoli ancora una volta in faccia, tocchiamo i loro piedi e le loro mani martoriate dai legacci, cerchiamo di farci stordire del loro odore di carne ormai putrefatta, fino al vomito, prima di lasciarli ad un’altra Storia: che non è più la nostra, non potrà più essere la nostra. Questi che noi sospettiamo integralisti fanatici pericolosi seguaci del detestato Verbo islamista: la nostra paura la nostra angoscia. E invece lì nel rigagnolo, sotto i palazzi sventrati dalle bombe, sui marciapiedi insanguinati dai razzi, uomini ragazzi donne bimbi, semplicemente morti. Il loro sangue non si coagulerà presto.
Abbiamo visto svolgersi, come il Libro dell’odio, la rivoluzione siriana, coprirsi di martiri e di umili eroi, abbiamo ascoltato le parole arroganti del despota Assad senza trasalire: preferivamo distinguere, interpretare, sottilizzare sui nostri interessi geopolitici. E abbiamo lasciato che la rivoluzione morisse, e per risorgere diventasse un’altra cosa: jihad guerra islamica groviglio tribale. Ovvero quello che temevamo.
Non abbiamo gran che da opporre ad Assad e ai suoi alleati Cina Iran Russia. Eppure la minaccia sospesa sul nostro capo non è la disfatta: l’Occidente ne ha già subite tante, il Ruanda, il Darfur, la Somalia E’ l’annientamento, nella vergogna, di quello che siamo, per cui meritiamo di essere.
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