Una delusione non insapettata

Dovremo ragionare seriamente, e con molta calma, sul risultato inaspettatamente (o no?) deludente delle elezioni regionali. Certo, mesi fa avremmo accettato, ma ultimamente le speranze erano altre. La sintesi
è presto fatta, mi pare: la sconfitta in Piemonte e nel Lazio è assolutamente emblematica, e non pareggia certo la vittoria in Puglia, regione nella quale taluno, nel Pd, voleva peraltro "far fuori", nientemeno, Vendola. Brucia molto in Piemonte, ma forse più nel Lazio, dove, addirittura, mancava la lista del Pdl. Così, Berlusconi e compagnia si fanno beffe di noi. D’altronde, nel Lazio la "laicista" e "abortista" Emma Bonino è stata duramente contrastata dalla "gerarchia" romana e dai buoni cattolici cosiddetti moderati, con grande giubilo della crescente schiera degli "atei devoti". Da cattolico convinto accetto sempre il messaggio della Chiesa sui "valori", ma da sempre considero che tale messaggio andrebbe proposto in forme tali da non consentire poi alla destra politica di "sfruttarne" soltanto la parte che le fa comodo. Non è un caso che, il giorno successivo all’uscita della Cei in argomento, esponenti della stessa siano stati costretti a chiarire il senso del documento dei vescovi.
Circa la vittoria di Formigoni, mi permetto di evocare quanto asserivo un paio di mesi fa: è indispensabile porre, come per i sindaci, un limite ai mandati dei presidenti di regione, perché questi enti, non sempre rispettando lo spirito della Costituzione, producono tuttora moltissima attività amministrativa che dovrebbe essere invece di competenza degli enti locali, e che consegna ai citati presidenti molto potere spicciolo. Un potere che il "celeste" sa utilizzare elettoralmente alla perfezione, e che gestisce, oltre che con la benedizione entusiasta e acritica del mondo "ciellino", utilizzando anche la correlata "anima economica" (o, forse meglio, "il corpo") della Compagnia delle opere. La partita, in Lombardia, credo lo sapessero perfettamente il buon Penati e tutti gli altri, era assolutamente persa. Anche se, forse, tutti speravamo di più. In Campania gli errori del centrosinistra, a riguardo in particolare della vicenda rifiuti, gestita (si fa per dire) in modo pessimo dagli amministratori locali senza peraltro che nessuno di essi facesse un mea culpa e, tantomeno, sentisse f esigenza di "mollare", peseranno per anni sulla sorte elettorale del Pd. Ancora quattro brevi considerazioni.
La prima: Casini e compagnia (alludo in particolare all’amico Pezzotta, in Lombardia) non dovrebbero finalmente rendersi conto che l’idea del "centro", del "grande centro", è, assai probabilmente, un’illusione, in questo momento storico? Eppure, Casini ipotizza già oggi una corsa solitaria alle prossime politiche: davvero incorreggibile. La seconda considerazione: all’estrema sinistra (ma Grillo come lo classifichiamo?) c’è sempre qualcuno che continua, sbagliando, a non comprendere che in politica può essere saggio, a volte, limitarsi a scegliere il "male minore".
La percentuale presa dal "candidato- presidente" della Campania di Rifondazione comunista o della "Federazione della sinistra" che dir si voglia, è semplicemente ridicola. Agnoletto, a Milano, non ha accampato scuse: una disfatta. E dunque? La terza valutazione: Berlusconi non passerà certo alla storia come uno statista, ma ha avuto, ahimè, un grande merito: quello di aver legittimato gli ex fascisti (possiamo usare ancora questo termine?) e ammansirli. Al punto che oggi ci ritroviamo, cito a mo’ di esempio, un Gasparri che fa semplicemente, detto senza offesa, la parte del cagnolino fedele del capo. Certo, Fini, intelligente, ne soffre, ma più di tanto non è in condizione di fare, oggi. L’uomo di Arcore ha poi stretto un patto di ferro con Bossi, nonostante la base della Lega, è noto, non apprezzi per nulla il premier. Questa è una contraddizione clamorosa, che il capo del governo (pro tempore, spero, anche se sta durando troppo) ha saputo però gestire al meglio. Ma, del resto, i due, e i loro succedanei, sono accomunati dalla capacità (detestabile) di speculare sui temi della sicurezza e sulla paura degli immigrati. E così urlano all’unisono: "no al multiculturalismo!", che non mi pare rappresentare precisamente il messaggio di quella Chiesa che si definisce cattolica, cioè universale, della quale appaiono formalmente, anch’essi, devoti.
Ma se c’è da fare affari con l’africano Gheddafi, a Re Silvio va bene, ovviamente. Tutto ciò (matrimonio tra Pdl e Lega) è potuto avvenire, però, anche perché il Cavaliere dispone di infinite risorse. Di svariata natura. E qui spero di non dover ascoltare i soliti rimbrotti di chi, anche tra noi, suggerisce di smetterla, finalmente, con l’antiberlusconismo.
Resto sempre convinto, in proposito che la mancata soluzione del conflitto d’interessi lo favorisce in modo sfacciato, in campo politico. Così, che mi è parso intollerabile il fatto che, annullati i talk show, proprio all’immediata vigilia di elezioni che erano di natura "locale", come se fossimo in un qualunque staterello dittatoriale sudamericano, Berlusconi, pur paludato nella sua veste di capo del governo con bandiere istituzionali alle spalle, abbia potuto occupare manu militari tutte le tv, con interviste-comizio, anche un po’ sguaiate nei termini, esclusivamente finalizzate a propagandare il suo partito e l’attività del governo e a demonizzare l’intera opposizione. De Gasperi, dove sei?
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