Una Camera di zombie: ok alla «legge schifezza»

L'ultimo atto della legge sul testamento biologico a Montecitorio si è consumato senza particolari emozioni, né grandi sorprese. Una maggioranza schiacciante ha approvato, in un clima da fine vita politico molto simile ad uno stato vegetativo, il disegno di legge che di fatto scoraggia e rende inutili le Dichiarazioni anticipate-di trattamento (Dat). I voti favorevoli, a scrutinio segreto, sono stati 278, quelli di Pdl, Lega, Udc e parte degli ex popolari del Pd che fanno capo all'ex ministro Giuseppe Fioroni. Contrari 205, sette gli astenuti . Mentre tredici deputati democratici hanno seguito Pierluigi Castagnetti e non hanno partecipato al voto chiedendo alla maggioranza di fermarsi e di non legiferare.
Ora, per il via libera definitivo, la parola passa di nuovo al Senato che il 26 marzo 2009 aveva licenziato il testo messo a punto dal relatore di maggioranza Calabrò, peggiorato poi via via nei due anni di iter legislativo alla Camera. Ma l'ultima parola di Palazzo Madama non arriverà prima del prossimo autunno. E nel frattempo l'opposizione - che ieri ha gettato un po' la spugna - spera in un cambio di maggioranze che possa affossare la «legge schifezza», secondo l'azzeccata definizione di Maria Antonietta Coscioni. Va riconosciuto ai Radicali, come la deputata eletta nelle liste del Pd, all'Idv e a qualche combattente democratico il merito di essersi battuti a lungo per evitare una legge considerata da molti e non solo nel centrosinistra «incostituzionale», «sadica» e «illiberale».
In effetti, contro il provvedimento che la maggioranza ha voluto «per vendetta contro la magistratura», come ha sostenuto Livia Turco, più che per «impedire altri casi Englaro», come più volte annunciato dagli scranni di Montecitorio, si sono schierati perfino i medici.
Il cui Ordine, già il 13 giugno 2009 aveva espresso grande imbarazzo riguardo il ddl Calabrò. Ieri è stata la volta dei sindacalisti dell'Fp-Cgil, che hanno ribadito che alimentazione e idratazione artificiali sono «atti medici». E dunque sarà difficile per loro ottemperare alle imposizione di legge e contemporaneamente alla deontologia professionale e all'alleanza terapeutica col paziente. Per questo, pochi giorni fa, avevano scritto al ministro della Salute Ferruccio Fazio invitandolo a chiedere sul punto il parere del Consiglio superiore di sanità.
Difficile che seguirà il consiglio. Anche perché la legge che è stata varata ieri a Montecitorio avrebbe bisogno di allungare i tempi della specializzazione medica, anziché ridurli come vuole la ministra Gelmini. Tanto è complicata la sua lettura e la sua applicazione. Ieri infatti la Camera, dopo i tre giorni di lavoro della scorsa settimana in cui aveva approvato i primi due articoli del ddl (inviolabilità e indisponibilità della vita, divieto di eutanasia, consenso informato ai trattamenti per chi è in grado di intendere e volere), ha varato il resto dei nove articoli di legge. Sopprimendo però l'articolo 8 che dava indicazioni sull'intervento della magistratura in caso di contrasto tra medico e fiduciario. Perché, come ha spiegato il Pdl Benedetto Fucci, «la magistratura ha già tutti gli strumenti per intervenire». In effetti il medico curante, letto l'«orientamento» lasciato nel biotestamento dal paziente, sentito il fiduciario e i familiari, decide in piena solitudine (abolito anche il collegio dei medici) e ha solo il dovere di «motivare in modo approfondito» la sua decisione «sottoscrivendola nella cartella clinica o su un documento scritto allegato alle Dat».
Hanno l'ultima parola, ma anche dei medici la destra non si fida troppo. Tanto da sostituire l'imposizione legale dello Stato alla "scienza e coscienza" del curante. La legge infatti arriva a descrivere minuziosamente lo stato vegetativo (secondo le attuali conoscenze tecnico-scientifiche) nel quale le Dat «assumono rilievo». Ossia la morte cerebrale «cortico-sottocorticale». È scritto nell'articolo 3, il cuore del provvedimento, dove si stabilisce che nel biotestamento si può solo esprimere l'orientamento» (non vincolante) circa l'attivazione (mai la rinuncia) di trattamenti terapeutici (non sanitari, quindi la ventilazione forzata è esclusa dalla possibilità di scelta). L'unica cosa a cui si può rinunciare sono «alcune forme particolari di trattamenti sanitari di carattere sproporzionato o sperimentale». In altre parole, l'accanimento terapeutico. Alimentazione e idratazione artificiali invece «devono essere mantenute fino al termine della vita» ad eccezione del caso in cui «non risultino più efficaci» ma solo se il paziente è «in fase terminale».
Esultano maggioranza e governo, e sperano che al Senato «si proceda con l'approvazione definitiva del testo senza modifiche». E al senatore Pd Ignazio Marino che annuncia la raccolta di firme per indire un referendum abrogativo, i falchi del «partito della vita» (dal sottosegretario Eugenia Roccella al relatore Di Virgilio), rispondono: «Avranno la stessa delusione avuta in occasione del referendum sulla legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita». Ma forse non fanno i conti con la Corte Costituzionale.
© 2011 Il Manifesto. Tutti i diritti riservati
SU