Un traballante sistema anfibio

Dalla Rassegna stampa

Quando il presidente Napolitano insediò un governo tecnico (di tecnici) non era chiaro come quel governo dovesse o potesse governare. In Italia il solo precedente di un’esperienza analoga è stato il governo Dini; ma fu un caso molto anomalo. Quel governo fu indicato al presidente Scalfaro da Berlusconi (quando fu sbalzato di sella a sorpresa da Bossi), e quindi nacque come un esecutivo implicitamente di centrodestra; ma poi Berlusconi gli votò quasi subito contro (era alle prime armi) e la sinistra colse l’occasione per sostenerlo come un governo, appunto, di sinistra. Dini capì esattamente come questa strana genesi non impediva a un governo, appunto, tecnico di governare. E nei limiti di elasticità che la sinistra gli doveva consentire, governò bene. Resta il fatto che il governo Dini fu un caso a sé che non fa precedente. Tornando a noi, Monti si è trovato d’un tratto insediato a palazzo Chigi per decisione, s’intende, del capo dello Stato, ma anche con il lieto consenso (sì, credo che fosse lieto) di un Berlusconi che si ritirava per non dover affrontare una crisi internazionale che capiva di non avere l’autorità di gestire. In teoria Monti poteva scegliere di governare, invocando l’emergenza, per decreto e chiedendo sistematicamente la fiducia, oppure di cercare di governare in condominio con il Parlamento. Ma di fatto ha man mano scelto questa seconda via, creando così un sistema anfibio, mezzo carne e mezzo pesce, mezzo acquatico e mezzo terrestre, che ha finito per invischiarlo nei giochetti di un Parlamento che si preparava ad affrontare elezioni particolarmente difficili (per chi vuol restare). Si è detto che Monti non poteva rischiare un voto di sfiducia, e che questo spiega il sistema anfibio nel quale si è cacciato. Ma questa spiegazione non mi convince. Uno dei ministri del governo Monti, Elsa Fornero, ha più volte dichiarato che un voto di sfiducia manderebbe tutti a casa. Ma non è esattamente così. Se Monti venisse sfiduciato, il capo dello Stato dovrebbe in primo luogo accertare se nell’attuale Parlamento esista la possibilità di governi alternativi. A me non sembra. Se così, il presidente Napolitano è tenuto ad incaricare Monti di restare in carica per il disbrigo degli affari correnti (che, vedi caso, sono e restano «grandi affari») e per gestire le elezioni. Quindi non è necessariamente vero che in tal caso la credibilità internazionale del nostro Paese verrebbe meno. Tantopiù che un Monti che gestisce le elezioni le potrebbe anche vincere. Ha certo il sostegno nell’elettorato (inclusi molti dei molti che non voterebbero) per mettere rapidamente assieme - come fece a suo tempo Berlusconi - un partito di persone nuove e credibili. Queste sono soltanto mie congetture. Però è vero che Monti si indebolisce ogni volta che dichiara che non si ripresenterà alle prossime elezioni (s’intende come capo del governo, visto che è già senatore a vita). In politica è spesso sbagliato dichiarare anzitempo cosa intendiamo fare. Berlusconi insegna: mai scoprire le proprie carte. ] Quando il presidente Napolitano insediò un governo tecnico (di tecnici) non era chiaro come quel governo dovesse o potesse governare. In Italia il solo precedente di un'esperienza analoga è stato il governo Dini; ma fu un caso molto anomalo. Quel governo fu indicato al presidente Scalfaro da Berlusconi (quando fu sbalzato di sella a sorpresa da Bossi), e quindi nacque come un esecutivo implicitamente di centrodestra; ma poi Berlusconi gli votò quasi subito contro (era alle prime armi) e la sinistra colse l'occasione per sostenerlo come un governo, appunto, di sinistra. Dini capì esattamente come questa strana genesi non impediva a un governo, appunto, tecnico di governare. E nei limiti di elasticità che la sinistra gli doveva consentire, governò bene. Resta il fatto che il governo Dini fu un caso a sé che non fa precedente.
Tornando a noi, Monti si è trovato d'un tratto insediato a palazzo Chigi per decisione, s'intende, del capo dello Stato, ma anche con il lieto consenso (sì, credo che fosse lieto) di un Berlusconi che si ritirava per non dover affrontare una crisi internazionale che capiva di non avere l'autorità di gestire.
In teoria Monti poteva scegliere di governare, invocando l'emergenza, per decreto e chiedendo sistematicamente la fiducia, oppure di cercare di governare in condominio con il Parlamento. Ma di fatto ha man mano scelto questa seconda via, creando così un sistema anfibio, mezzo carne e mezzo pesce, mezzo acquatico e mezzo terrestre, che ha finito per invischiarlo nei giochetti di un Parlamento che si preparava ad affrontare elezioni particolarmente difficili (per chi vuol restare). Si è detto che Monti non poteva rischiare un voto di sfiducia, e che questo spiega il sistema anfibio nel quale si è cacciato. Ma questa spiegazione non mi convince.
Uno dei ministri del governo Monti, Elsa Fornero, ha più volte dichiarato che un voto di sfiducia manderebbe tutti a casa. Ma non è esattamente così. Se Monti venisse sfiduciato, il capo dello Stato dovrebbe in primo luogo accertare se nell'attuale Parlamento esista la possibilità di governi alternativi. A me non sembra. Se così, il presidente Napolitano è tenuto ad incaricare Monti di restare in carica per il disbrigo degli affari correnti (che, vedi caso, sono e restano «grandi affari») e per gestire le elezioni. Quindi non è necessariamente vero che in tal caso la credibilità internazionale del nostro Paese verrebbe meno. Tantopiù che un Monti che gestisce le elezioni le potrebbe anche vincere. Ha certo il sostegno nell'elettorato (inclusi molti dei molti che non voterebbero) per mettere rapidamente assieme - come fece a suo tempo Berlusconi - un partito di persone nuove e credibili.
Queste sono soltanto mie congetture. Però è vero che Monti si indebolisce ogni volta che dichiara che non si ripresenterà alle prossime elezioni (s'intende come capo del governo, visto che è già senatore a vita). In politica è spesso sbagliato dichiarare anzitempo cosa intendiamo fare. Berlusconi insegna: mai scoprire le proprie carte.

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