Un talebano come testimoniai, il caso che fa tremareAmnesty

Dalla Rassegna stampa

E` il caso che rischia di mandare in fumo l`intera campagna dì Amnesty International per la chiusura del carcere di Guantanamo, che qualche anno fa la celebre organizzazione internazionale per i diritti umani ha ribattezzato "il Gulag del nostro tempo". Moazzam Begg, ex detenuto
della prigione di massima sicurezza per terroristi islamici, non era soltanto legato alla pratica e all`ideologia dei talebani. Era soprattutto il volto della campagna, fatta propria da Amnesty, dal titolo emblematico "Prigionieri in gabbia" per il rilascio dei detenuti di Guantanamo. Lo
avevano portato persino in visita dal primo ministro inglese. La vicenda va avanti da giorni sui giornali britannici e si scopre che la direzione di Amnesty ha ignorato le numerose e-mail interne che avvertivano della presenza di Begg fra i testimoniai delle campagne umanitarie. Il suo arruolamento non è stata una svista. I capi di Amnesty sapevano delle simpatie terroristiche
dell`ex inquilino del supercarcere di Cuba che la Casa Bianca vorrebbe chiudere fra mille difficoltà, legali e politiche. Il Daily Mail ha pubblicato la fotografia `di Begg davanti a Downing Street, assieme ai sorridenti responsabili inglesi dell`organizzazione umanitaria, La storia risale ai primi di febbraio quando Gita Sahgal. dirigente internazionale di Amnesty che si occupa delle battaglie di genere, fa trapelare sul Sunday Times il proprio sfogo. Per l`esperta di fondamentalismo, la collaborazione di Begg è un "fondamentale danno", "Apparire assieme al più famoso sostenitore
britannico dei talebani, trattandolo come un difensore dei diritti umani. è un grosso errore". Sahgal è stata sospesa dagli incarichi. Moazzam Begg nel 1993 frequentò un campo di addestramento in Afghanistan. Poi si trasferì con la famiglia a Kabul, nel 2001, quando gli studenti di Allah avevano
conquistato gran parte del paese. Catturato e rinchiuso a Guantanamo, Begg è rientrato in Inghilterra per iniziare la battaglia di Cageprisoner, associazione sostenuta da Amnesty e che si occupa dei combattenti islamici detenuti a Cuba. Sul sito internet dell`associazione ci sono i volti
dei jihadisti arrestati dagli americani sui campi di battaglia e per i quali Begg chiede
da anni il rilascio.
Gente come Abu Hamza, fondatore del gruppo "Sostenitori della legge islamica", un veterano della guerra dei mujaheddin in Afghanistan, dove ha perso un occhio ed entrambe le braccia mentre maneggiava un grosso quantitativo di esplosivo. Gente come Abu Qatada, l`imam giordano
descritto come "l`ambasciatore di bin Laden in Europa" e che nel 1999 lanciò una fatava per uccidere gli ebrei. Oppure la scienziata di origini pachistane laureatasi al Mit di Boston, Aafia Siddiqui, da poco condannata per aver cercato di ammazzare degli agenti americani che la interrogavano. Per finire con l`imam americano Anwar Al Awlaki, che avrebbe ispirato i
nuovi complotti di al Qaida come il fallito attentato di Natale sul volo di Detroit. L`Inghilterra. dove il caso è scoppiato, si interroga adesso sulla credibilità dell`intera struttura di Anmesty, che un jihadistaa come Begg ha portato persino in delegazione, per consegnare una lettera-appello
al premier Gordon Brown. Il Times di Londra scrive che a Downing Street Begg era accompagnato da Kate Allen, responsabile della sezione inglese di Amnesty e storica
fidanzata di Ken Livingstone, l`ex sindaco rosso di Londra.
Dopo Saligal, sulla collaborazione con l`ex di Guantanamo ha sparato anche Sani Zarifi, direttore per l`Asia e il Pacifico dell`organizzazione. "Alcune campagne di Amnestyl (...) non distinguono sufficientemente fra i diritti dei detenuti a non venir torturati o rinchiusi in maniera arbitraria
e la validità dei loro punti di vista". Parole fin troppo morbide di fronte alla collusione acclarata fra il jet set dei diritti umani e il jihadismo europeo. Una macchia indelebile per l`ammiraglia dell`umanitarismo liberai che negli anni scorsi ha arruolato testimonial ben diversi come Bono,
John Cleese, Yoko Ono, Al Pacino e Sinead O`Connor.

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