Un segnale necessario per puntellare il fronte interno

Dalla Rassegna stampa

Un segnale: la maggioranza che sostiene Mario Monti vuole un segnale che renda meno indigesta la manovra per l'Ici sulla prima casa e per la stretta sulle pensioni. Ma i margini per cambiarla sono strettissimi. Manca la copertura finanziaria, a meno che non si aumenti ancora il prezzo della benzina o si riparli di Irpef. Pier Ferdinando Casini indica una possibile via d'uscita «a scapito delle pensioni d'oro o rafforzando il prelievo sui capitali scudati». Per non intaccare la struttura della manovra finanziaria, non è escluso che alla fine si tolga qualcosa alle banche.

Monti sta ripetendo a tutti che l'Italia è di fatto già da due mesi in piena recessione. Se non fossero stati dati ai mercati i segnali spietati degli ultimi giorni, l'unico modo per evitare il disastro sarebbe stato quello di sospendere per un mese il pagamento di pensioni e stipendi. E quando oggi il premier si presenterà di nuovo al cospetto di un'Europa immersa nella crisi, non potrà permettersi il lusso di dare l'impressione di una manovra indebolita. Le parole drammatiche usate ieri dal presidente francese Nicolas Sarkozy sui pericoli di un'«esplosione dell'Ue» riflettono i timori per l'atteggiamento tedesco.

Per questo, palazzo Chigi cerca di puntellare al massimo il fronte interno. Il ruolo di raccordo che stanno svolgendo i presidenti di Senato e Camera, Renato Schifani e Gianfranco Fini, tende a blindare i provvedimenti per il voto finale entro il 23 dicembre. I rapporti informali fra i partiti nascono dalla consapevolezza che non si può forzare la mano a Monti. Gli stessi sindacati si mostrano più ragionevoli di quanto dicano gli scioperi.

L'impressione è che si vada rapidamente verso l'approvazione, pur fra mille malumori. L'ipotesi di indicizzare le pensioni più basse viene studiata proprio per ridurli. E, nonostante non Io si ammetta ufficialmente, il governo si prepara a chiedere la fiducia al Parlamento per evitare spaccature e distinguo pericolosi. Si tratta di scenari che le forze politiche hanno ben presenti. A parte il «tanto peggio tanto meglio» di Lega e Idv, sempre più distanti da Pdl e Pd, si chiedono a Monti «correzioni mirate».

È una corsa affannosa e inesorabile, ritenuta necessaria come passo iniziale ma forse non sufficiente a garantire la ripresa. L'equità, per ora, si conferma un obiettivo tendenziale, in buona parte ancora da costruire e tutto da raggiungere. Ma forse non ha torto la radicale Emma Bonino quando avverte: «La più grande equità è quella di non far fallire il Paese». Magra consolazione, eppure in questa fase non se ne riescono proprio a vedere altre.

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