Un segnale al leader. E D'Alema punge: non abbiamo lanciato neanche un'iniziativa

Dalla Rassegna stampa

 

E ora? E ora il vero problema per il Partito democratico non è tanto quello di una scissione - più minacciata che effettivamente organizzata- ma un altro, e dalla tre giorni di Cortona è venuto un segnale forte e chiaro in questo senso: o il Pd cambia o è finito. È ovvio che la minoranza interna ha tutto l’interesse a esasperare questo pericolo e a battere su questo tasto, però non vi è ombra di dubbio che il partito stia facendo una certa fatica a individuare un proprio raggio d’azione. Lo riconoscono anche autorevoli dirigenti della maggioranza interna. Un nome per tutti, Massimo D’Alema, secondo il quale non si è «ancora riusciti a sviluppare una nostra iniziativa». Del resto sulle scrivanie dei maggiorenti del Pd arrivano sondaggi riservati non proprio confortanti: il partito, stando a queste rilevazioni, oscilla tra il 27 e il 27,5 per cento. E questo, nonostante le difficoltà del centrodestra.
Per ora la tattica di Pier Luigi Bersani è stata quella di evitare lo scontro diretto con i dirigenti che a Cortona lo hanno criticato e attaccato. La parola d’ordine è quella di non dare peso alle accuse e alle
polemiche e di andare avanti. Ma questo non significa che il segretario non si stia ponendo il problema e che stia invece metaforicamente nascondendo la polvere sotto il tappeto. Anche per questa ragione, negli ultimi tempi, si moltiplicano le sortite politiche dei «giovani» che il leader ha voluto portare con sé in segreteria: Stefano Fassina, Matteo Orfini e Andrea Orlando. E’ un modo per lanciare all’esterno il
messaggio che c’è un Pd nuovo che si sta affacciando nell’agone e che il partito non è più rinchiuso nell’angusto spazio mediatico della decennale dialettica Veltroni-D’Alema. Non basta, però. Bersani lo sa bene, perciò sta studiando con i suoi collaboratori le mosse successive. L’idea è quella di mobilitare il Pd in tutta Italia su diverse iniziative per far vedere che il partito esiste, che non si perde in chiacchiere o polemiche ma che è impegnato in atti concreti. Proprio a questo scopo è stata convocata l’assemblea del 21 e 22 maggio, in cui verranno lanciate le prime cinque iniziative. Per il 17 Bersani ha invece organizzato la mobilitazione di tutti gli amministratori del Pd contro il patto di stabilità dei Comuni, mentre sta per partire la raccolta di firme a favore dell’acqua come bene pubblico. Quel che comunque il segretario non ha intenzione di rinnovare, nonostante gli appelli che in questo senso gli sono giunti da Cortona, è la politica delle alleanze. Non per ora, almeno. Perciò il rapporto con Pier Ferdinando Casini non viene archiviato.
E’ vero che il leader dell’Udc si tiene sulle sue e sembra ormai diffidare del Pd, ma è anche vero che finché c’è Silvio Berlusconi dall’altra parte, Casini rimarrà saldamente all’opposizione. Ed è su questo che il numero uno del Partito democratico fa affidamento. Che cosa farà nel frattempo la minoranza veltroniana? Andrà avanti. La prima prova di forza si giocherà nel Lazio, dove è prevista l’assemblea del partito regionale per discutere della recente nonché cocente sconfitta elettorale. In quella sede la componente veltroniana e quella che fa capo a Ignazio Marino si alleeranno per cercare di rovesciare l’attuale maggioranza dalemian-bersaniana. Un antipasto di quel che potrebbe succedere a livello nazionale, di volta in volta, su diversi temi su cui non c’è sintonia: un’intesa delle minoranze per modificare la linea politica del partito.

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