Un punto per la politica

Bel colpo mediatico di Sky e tutto sommato bel colpo politico per il centrosinistra. In via del Nazareno sono stati i primi in Italia a organizzare delle primarie per la scelta dei candidati, i primi ad aver applicato il modello per individuare un candidato premier (in passato ci sono state primarie "plebiscitarie" che non erano certo la stessa cosa).
È merito di Bersani e gliene va dato atto perché ha saputo correre non pochi rischi.
A guardare la sostanza del dibattito, la sorpresa positiva è stato Bruno Tabacci: concreto, competente, moderno pur avendo un passato importante nell'Italia democristiana dell'altroieri (ma era la Dc di Marcora, interprete della Lombardia produttiva). In fondo ci si aspettava qualcosa di più da Matteo Renzi. Era la sua occasione per staccarsi dal gruppo e imporsi con quel linguaggio scanzonato che lo ha reso famoso, ma il sindaco lo ha usato solo a tratti, anche nei contrasti con Vendola.
A qualcuno è apparso un po' sottotono, ma in realtà è stato preciso nel rispondere alle varie domande del conduttore. Il problema è che la sua campagna ha sollevato attese quasi miracolistiche. Messo a confronto con gli altri candidati, le sue ricette sono corrette ma assai meno dirompenti del primo e autentico tema che gli ha dato la celebrità: il rinnovamento della classe dirigente, volgarmente riassunto in quel termine tremendo, la "rottamazione".
Bersani è apparso nei suoi panni: autorevole, concreto a sua volta, in grado di proporre qualche novità (sulle società partecipate), ma non si sa quanto capace di affascinare un'opinione pubblica esterna ai confini del Pd. Del resto, il segretario è molto attento a tenersi "coperto" a sinistra. Vendola ha incarnato il suo personaggio, sempre piuttosto verboso. Ma ha badato a essere fino in fondo l'ala sinistra di un mondo, il centrosinistra, nel quale peraltro risulta sempre più integrato. E Laura Puppato, dal canto suo, ha tenuto la scena con simpatia e passione.
Nel complesso una rappresentazione interessante dentro una scenografia che si è sforzata di offrire un'immagine meno stantìa e ingessata del rapporto fra politica e cittadini. S'intende, ci vorrà del tempo prima che i nostri politici possano essere percepiti come "americani", ammesso che sia questo il traguardo da raggiungere. Anche perché l'America, lo ha dimostrato Obama, nel frattempo è andata avanti nell'uso dei nuovi strumenti, come il web e i "social network". La domanda da farsi è se sarebbe possibile immaginare la stessa messa in scena con le primarie del Pdl. Anche con lo stesso discreto livello del confronto. Forse si organizzerà qualcosa di simile in dicembre, ma è tutto da dimostrare che si otterrà lo stesso risultato. O magari sì, ma occorrerà che a destra lavorino molto sui problemi e sulle soluzioni. Oggi il centrosinistra ha segnato un punto nella prospettiva delle elezioni, mentre il Pdl è ancora alle prese con le proprie frustrazioni e con l'eredità del berlusconismo.
C'è un altro punto che si preferisce mettere fra parentesi, ma che ha la sua rilevanza. Si dice che le primarie servono a scegliere il candidato alla presidenza del Consiglio, ma si dovrebbe precisare che con la riforma elettorale che si va delineando (l'unica possibile in questo momento) il premier sarà individuato dopo le elezioni in base alle alleanze che verranno stipulate. Il gioco delle primarie sotto questo aspetto rischia di essere a somma zero. E tuttavia è un messaggio positivo che si manda all'opinione pubblica.
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