Un premier prudente riemerge indenne dall’esame tedesco

Per Matteo Renzi era importante puntellare il fronte europeo almeno quanto quello interno. E l’«esame tedesco» costituiva forse la tappa strategicamente più importante. L’impressione è che il presidente del Consiglio sia riemerso dall’incontro di ieri con la cancelliera tedesca Angela Merkel quasi indenne. Grazie a un grado di reciproca e benevola ambiguità sui margini per stimolare la crescita economica; grazie all’impegno del premier a non divincolarsi dai limiti imposti all’Italia dall’Unione europea; e probabilmente in virtù di una congiuntura favorevole che permette alla Germania un atteggiamento non meno guardingo, ma certo meno occhiuto nei confronti dell’Italia.
L’esito sembra una cauta apertura di credito, sebbene in attesa di verifica. La cordialità tra i due nella conferenza stampa finale non va sopravvalutata. Renzi è stato accolto dai giornali tedeschi come il capo di un governo spendaccione che chiedeva di aumentare il deficit per creare posti di lavoro. E nell’incontro preparatorio tra i ministri dell’Economia dei due Paesi, Pier Carlo Padoan e Wolfgang Schàuble, era emersa la sottolineatura del «no» tedesco a qualunque rinvio sul rispetto del rigore sui conti. Il dubbio che palazzo Chigi possa non farcela non è scansato del tutto. La Merkel «impressionata» dal «coraggio» dei «cambiamenti strutturali» che Renzi le ha illustrato può essere letta come ammirazione o come scetticismo. Ma l’atteggiamento è disponibile.
Anche perché Renzi si è presentato a Berlino con un atteggiamento tutt’altro che bellicoso. E si è guardato bene dall’apparire come il teorico del superamento del «tetto» del 3 per cento nel rapporto col Prodotto interno lordo in nome della crescita. Anzi, ha voluto smentire qualunque tentazione di allentare i vincoli di bilancio, come era parso inizialmente e come lo raffiguravano gli ambienti più critici verso la politica economica tedesca. Il risultato è stato quello di ottenere un «via libera» condizionato e circondato da mille cautela, partendo dalla «certezza» della Merkel che Renzi rispetterà i vincoli dell’Ue: un’investitura e insieme un avvertimento.
Tanto, a contare sono solo «i risultati», da valutarsi «nel medio e lungo termine» e cioè in due o tre anni, sottolinea la cancelliera, ricordando la riforma del mercato del lavoro in Germania. Può darsi che sia vero quanto gli avversari del premier dicono: e cioè che Berlino abbia riportato Renzi alla realtà. Ma il premier scommette sulla possibilità di sbloccare un’Italia anomala nella sua incapacità di crescere, unica tra i 20 Paesi più industrializzati. E intanto, gli basta intercettare una frazione della ripresa economica, per mostrarla agli elettori come l’inizio di una scommessa vinta.
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