Un Pd eterodiretto

La sceneggiata delle primarie napoletane è culminata ieri con le nuove accuse di brogli agitate da una buona parte del Pd contro il vincitore della tornata elettorale di quattro giorni fa (Andrea Cozzolino) e con l’improvvisa scelta del segretario di rinviare a febbraio l’Assemblea nazionale prevista per venerdì e sabato prossimo. Il rinvio giunge poche ore dopo la richiesta arrivata da Roberto Saviano di considerare seriamente l’ipotesi di ripetere le primarie per evitare che il Pd possa uscire male da un caso di "dubbia legalità". L’appello di Saviano è stato subito raccolto dal segretario e così, "per evitare ogni possibile strumentalizzazione della due giorni democratica", i vertici del partito hanno scelto di convocare uno dei più importanti organi rappresentativi del Pd soltanto dopo la risoluzione del pasticcio napoletano.
Tra i vari spunti di riflessione offerti dal nuovo pastrocchio democratico, quello forse più significativo riguarda un punto in particolare: la qualità complessiva della leadership del Pd. È difficile infatti non riconoscere che negli ultimi tempi il maggior partito d’opposizione sembra fare sempre più fatica a governare le sue numerose guerre, che per non essere di corrente lo sono tra bande, e in fondo la timidezza dimostrata dalla segreteria sul caso Napoli è un segnale piuttosto chiaro della carenza di autorevolezza del leader democratico. Carenza causata, oltre che da una confusa gestione della vicenda, anche dall’incapacità della leadership di rendersi autonoma da tutti i tentativi di eterodirezione (che arrivano ora dalle procure, ora dagli scrittori, ora dai giornali) da cui i vertici del Pd, da un po’ di tempo a questa parte, sembrano non essere più capaci di difendersi come si dovrebbe.
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