Un pasticcio politico che mette in evidenza le tensioni nel Governo

Dalla Rassegna stampa

È inusuale una nota ufficiale del partito di maggioranza per smentire l’esistenza di un proprio documento contro il ministro dell’Economia. Significa che imalumori nei confronti di Giulio Tremonti ultimamente si sono gonfiati; ma anche che la frustrazione non trova sbocco: probabilmente perché attaccarlo equivarrebbe a destabilizzare il governo. Così, quella che fino a qualche ora fa sembrava una fronda in grande stile, è diventata una blindatura: un sostegno magari senza entusiasmo ma unanime, almeno in apparenza. La nota diffusa ieri dai tre coordinatori del Pdl è netta. E non può essere letta tralasciando l’appoggio di cui Tremonti gode da parte della Lega. Rimane tuttavia la sensazione di un piccolo pasticcio politico. Qualcosa è uscito dal Pdl; e suonava come una smentita alla politica del titolare dell’Economia. I vertici si sono affannati a spiegare che le voci sulla paternità del documento erano infondate, e messe in giro per terremotare la coalizione. La precisazione, però, ha drammatizzato l’episodio, al quale sarebbero estranei i ministri di maggior peso, oltre al premier che martedì ha difeso la proposta di Tremonti sul valore del posto fisso.

La sfilza di smentite sia del Pdl sia di membri del governo rafforza il titolare dell’Economia. Ma fa venire a galla le tensioni; e forse una congiura ordita da un ministro, fallita per mancanza di sponde. Il risultato è che viene inserito un elemento di ulteriore confusione in una situazione tesa per il centrodestra. Le minacce di morte via web contro Silvio Berlusconi materializzano i fantasmi di una violenza verbale che può diventare eversione. E l’allarme alimenta la polemica seguita alla bocciatura al Parlamento Ue di una mozione delle sinistre sull’assenza di libertà di stampa in Italia.
L’esito ha frustrato Pd e Idv. Ma ha anche confermato i sospetti del Pdl su un’opposizione decisa a delegittimare l’Italia. E comunque rimane aperto il fronte interno della giustizia. Il Csm ha deciso di tutelare il giudice Raimondo Mesiano, ripreso di nascosto in una trasmissione di Canale 5 dopo la sentenza sul Lodo Mondadori che impone alla Fininvest berlusconiana di pagare 750 milioni di euro all’editore Carlo De Benedetti. La preoccupazione di Giorgio Napolitano per il trattamento riservato al magistrato, resa nota dal vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, rischia di rilanciare uno scontro con il potere giudiziario; e lambire il Quirinale riaprendo un conflitto istituzionale.

L’ultimo tassello è rappresentato dall’incertezza sulle candidature per le regionali del 2010: anche se si tratterebbe di un braccio di ferro con un finale già scritto. L’esito dei colloqui avuti ieri nella capitale dal presidente del Veneto, Giancarlo Galan, non è stato risolutivo. Ma l’ipotesi che il Pdl punti ancora su di lui è sempre più fragile. Se la Lega proporrà il ministro veneto dell’Agricoltura, Luca Zaia, potrebbe essere necessario un rimpasto. Quanto al Piemonte, Bossi non lo rivendica come partito: non la spunterebbe. Ma vuole convincere gli alleati che l’unico in grado di vincere è Roberto Cota, capo dei deputati del Carroccio.

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