Un partito in ginocchio

A 25 anni dalla sua entrata in scena, la parabola della Lega Nord presenta un bilancio da «profondo rosso». La pressione fiscale, invece di diminuire, è aumentata, di pari passo con l'oppressione delle burocrazie statali (e regionali, provinciali, comunali, specie se a conduzione leghista): più tasse, meno servizi. I cittadini sono stati espropriati di ogni residua possibilità di eleggere i propri rappresentanti in Parlamento, oggi «nominati» grazie alla porcata di Calderoli. Le libertà personali sono sempre più cancellate, e la Lega, al fianco di Berlusconi (per tacer dei silenzi del centrosinistra) è stata protagonista della revanche clericale guidata dalle gerarchie vaticane, che hanno benedetto il Cavaliere e le sue guardie svizzere in camicia verde in cambio di esenzioni, privilegi, «roba». Se Berlusconi ha un problema, Bossi e Bagnasco fanno festa e passano all'incasso.
La vicenda leghista è tutta una contraddizione: non c'è idea che non sia stata ribaltata nello spazio di un mattino mentre la vera stella polare di Bossi è stata l'occupazione del potere. Entrata in scena come una scheggia impazzita della partitocrazia, la Lega ne è divenuta la colonna portante. E così, se all'inizio la Chiesa cattolica è la «bretella del regime», il Vaticano è un «covo democristiano», i preti sono «corrotti» e «ficcanaso», in breve tempo il registro cambia: evviva la «santa» Chiesa cattolica, le «nostre» radici cristiane, la «cara» Conferenza episcopale italiana, e l'ampolla pagana del dio Po è finita nell'acquasantiera.
Nel 2000, alla vigilia del vertice di Nizza tra i capi di Stato Ue sulla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione, monsignor Antonelli (all'epoca segretario generale della Conferenza episcopale italiana) invia a Bossi una missiva contenente perentorie indicazioni sulle modifiche da apportare al testo: divieto totale di clonazione, anche terapeutica; no al riconoscimento della qualità di «famiglia» a unioni diverse da quelle fondate sul matrimonio; tutela della vita sin dal concepimento. L'indomani, alla Camera, il capogruppo leghi- sta Alessandro Cè riprende punto per punto le indicazioni della Cei, spingendosi a definire la Carta «un documento elettoralistico, (...) di preoccupante sapore comunista e mondialista». Subito dopo il Carroccio promuove una raccolta di firme contro le adozioni da parte delle coppie gay. Sul caso di Eluana Englaro, la Lega fa di peggio. Bossi prima esprime solidarietà: «Capisco le ragioni del padre» ma poi aggiunge: «Io mi sono ribellato a una morte "per sete e per fame".
Se ci fosse stata una legge che avesse consentito l'iniezione con il "curaro", non voglio dire che sarebbe stato meglio ma forse più umano sì. Il problema ora è che "la gente potrebbe cominciare ad aver paura", potrebbe cominciare a temere che negli ospedali si possa morire per fame». Ma in Parlamento la Lega si schiera con la linea del Vaticano, tradotta in un ddl governativo che assegna al medico, e non al malato, la scelta sul fine vita. Ciliegina finale: in cambio del salvataggio di Credieuronord (salutata alla nascita da Bossi come «banca che si rivolge al tessuto sociale e produttivo che fa riferimento alla Lega») da parte della Banca lodigiana di Gianpiero Fiorani, all'inizio del 2005 la Lega comincia a sostenere Antonio Fazio, il governatore di Bankitalia in odore di Opus dei, che il Carroccio ha duramente contestato fino al giorno prima. Solo pochi esempi, tra gli infiniti possibili, che dimostrano come la "Padania" bossiana, se realizzata, altro non sarebbe che una riproduzione ancora più grigia e claustrofobica dell'Italietta partitocratica, con le sue ingiustizie e la sua drammatica assenza di libertà.
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