Un Monti bis progressista

Dalla Rassegna stampa

La Fiat racconta balle, al di là delle analisi di mercato e della sua incapacità di produrre «nuovo appetibile». La vicenda Ilva, partendo da Genova fino al dramma di Terni e la solitudine partenopea, è il dramma prodotto dalla svendita scriteriata ad un privato che mirava solo al profitto e dal mancato controllo – prima, durante e dopo la svendita – del divenire dell’azienda e del territorio limitrofo da parte dello stato.
E la politica deve risolvere rigorosamente il dilemma salute/lavoro – dopo gli approfondimenti necessari circa la sua entità – senza lasciare ad un ordine dello stato la possibilità di decisioni forse improvvide e non tormentate dal dubbio. Anche per evitare che l’universo lavorativo tarantino decida di alloggiare, chiedendo il vitto, presso il tribunale ispirandosi ad un film di Totò e Gino Cervi.
Nel frattempo Squinzi dice che le imprese, io aggiungo serie, stanno morendo di tasse, e purtroppo ha ragione, ma questo accade grazie all’enormità dell’evasione fiscale e del lavoro nero del quale è responsabile gran parte degli italiani. Nel frattempo Passera parla di unità del paese e quindi della necessità del “sistema paese” ma dialoga con un secessionista statutario come Maroni. Dice delle ovvietà con un elenco intelligente di piccole cose fatte e delle cose importanti da fare. Operazione di marketing mediatico ad personam che dà visibilità, come la partecipazione a congressi ed eventi, ma che attende conferme operative.
E aver detto pubblicamente che Berlusconi ha sbagliato affermando cose improponibili su euro e Germania è certamente un buon inizio. E mentre ciò accade Montezemolo finalmente decide di non entrare personalmente in politica. E Casini, trascinando Fini, rilancia una lista nazionale (in sostanza un nuovo polo senza Api dopo averlo strombazzato per circa due anni) illudendosi che Monti possa essere il loro candidato premier. “Mascellando” le solite litanie e le solite cose stantie avendo scelto una visione politica miope a tutela del proprio orticello. Dimenticando che quest’ultimo ha prodotto vicende eticamente imbarazzanti per patteggiamenti, condanne ed indagini in corso che sembrano essere dimenticate da tutti, al contrario di altre ben meno importanti. Altresì Berlusconi dice che quelli di An devono andare via e che bisogna ritornare allo spirito di Forza Italia.
Per i creduloni basta leggere Orlando su Europa del 28 settembre per rendersi conto dell’ultimo bluff. Ed i berlusconiani storici strizzano l’occhio a Renzi dopo le affermazioni del Cavaliere. Un fritto misto all’italiana, il solito antipasto propinato nei nostri ristoranti che, spesso, anticipa o conclude anche la pizza. Purtroppo la politica, in veste di ristoratrice della comunità, ha in questo momento molti cuochi inadeguati. Alfano, Bondi ed altri, con La Russa in testa, che pensano ad un Pdl barriera dell’anticomunismo fanno tenerezza.
E quando vedo che le storie di Cicchitto ed altri trovano confluenza in quella di La Russa mi sento obiettivamente cretino. Come quando una certa sinistra scelse Forza Italia alleata con missini post fascisti e leghisti burgundi e secessionisti. Berlusconi attende la vicenda del Porcellum per candidarsi ed ha già detto che Renzi è portatore dei suoi ideali. La legge sull’anticorruzione è bloccata dai soliti noti nonostante ne vantino l’idea, basta aver guardato Report per comprenderne le motivazioni: al di là delle affermazioni vergognose di Piero Longo, parlamentare e avvocato di Berlusconi, incredibili di De Gregorio, demenziali di Farina (quello di Sallusti), anch’esso parlamentare del Pdl, barzellettare di Paniz, tutti scelti, guarda caso, personalmente da Berlusconi. E le vicende regionali sono rappresentative, e grossomodo già note a molti, di una realtà che ogni giorno di più confina la politica in un angolo a fare tris con l’evasione ed il lavoro nero.
Anzi, e purtroppo, molti considerano la corruzione dei politici una delle giustificazioni fondamentali per l’esistenza degli altri due fenomeni e quindi spesso per se stessi. Per cercare di cambiare tutto ciò, di proseguire nell’agenda Monti, condivisa dall’Europa e credo anche dal capo dello stato, è necessario che il centrosinistra, il cosiddetto centro democratico, e transfughi ragionevoli dell’altra parte se ne facciano carico. E di tutto ciò il Pd ha la responsabilità più evidente e maggiore.
C’è il problema Renzi e dei suoi sostenitori, politici ed economici, condito dagli ammiccamenti berlusconiani che ipotizzano un centrosinistra diverso e la spaccatura del Pd. Con il pericolo, in questo momento ideologico, di svendere patrimoni pubblici e vendere al miglior offerente, anche non italiano, asset pubblici fondamentali. C’è il problema della cancellazione del dipietrismo per utilizzare l’Idv. C’è il problema dell’“attualizzazione” di Sel in una società contemporanea nella quale fare cose possibili. Non credo ci siano problematiche afferenti il partito socialista italiano, l’Api – che sostiene Tabacci alle primarie di coalizione – il partito radicale: tutti di origini riformiste e/o riformatrici. Quindi di fronte alla disponibilità di Monti per un secondo mandato è necessario riflettere. Un governo, naturalmente nato da elezioni democratiche e da possibili scelte parlamentari, con Monti presidente, troverebbe il consenso dell’Europa, certamente frenerebbe gli attacchi della finanza speculativa – sempre più lontana dall’economia reale e dagli individui e sempre più criminale –, probabilmente avrebbe disponibilità in una larga parte del paese.
Ovviamente il nascituro governo dovrebbe avere caratteristiche e qualità politiche, con interventi tecnici a supporto di queste ultime: i ministri in corso sono stati una necessità anche estetica, al di là di evidenti manchevolezze; Monti ha un’altra storia, dieci anni di Europa ed è, per volontà di Napolitano, già senatore a vita. E, battute a parte, ci sarebbe un concorrente in meno per il Quirinale! Ritornando seri, credo nella certezza di una vittoria del centrosinistra anche senza Sel e l’Idv, ovviamente alleandosi con il centro democratico ed i suoi compagni di viaggio, la messa in un angolo del berlusconismo, un recupero dei ragionevoli ed il Pd primo partito in grado di compensare numericamente eventuali erosioni a sinistra. E dopo il 2015 con schiarite “chiare” – al di là di pessimismi di scuola sociologica – potrebbero ridefinirsi alcuni ruoli. La sinistra liberale e riformista deve sempre far di necessità virtù nell’interesse generale. L’applicazione socialdemocratica ha il compito di domare gli istinti animaleschi del capitalismo, di far prevalere la logica dei diritti su quella del profitto ma ancora oggi, in questo secolo, ha la necessità di rimanere nel mercato delle idee, dell’impresa, del lavoro.
E questo può accadere solo attraverso un programma politico ed economico razionale per ragionevoli da realizzarsi attraverso un’operatività pragmatica, coerente con l’Europa, con i suoi giudizi e con le nostre necessità ineludibili di sviluppo per non morire. Un altro governo Monti, ovviamente progressista, per una sommatoria di motivazioni – che non sono l’equidistanza irriguardosa, eticamente e politicamente, fra Pd e Pdl invocata domenica da Casini e Fini che dovrebbero intelligentemente eliminare in favore del centrosinistra – potrebbe essere la soluzione più conveniente, in questo momento, per il nostro paese. Se fossi in Bersani e D’Alema ci penserei.

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