«Un modello politico in crisi, così c'è spazio...»

"Tanta compattezza nel sostenere che la Chiesa non debba intervenire nel dibattito politico potrebbe stupire. Soprattutto a Nordest, un territorio 'ancestralmente' bianco. Ma la ragione è semplice: la popolazione ormai è sempre più convinta che la religione con le sue istituzioni stia diventando un vero e proprio soggetto politico militante. E questo non piace. Una riflessione che sottende la sollecitazione di un ruolo diverso, maggiormente concentrato all'annuncio del Vangelo".
È il punto in cui si incontrano, si scontrano e si spiegano le opinioni raccolte nel sondaggio Demos per Giovanni Vian, docente di Storia delle Chiese Cristiane all'Università di Venezia.
Una comunità ecclesiastica onnipresente "infastidisce" anche i più fedeli.
"Evidentemente. Ma la constatazione di questo diffuso sentire non può prescindere dalle premesse. Non si può in effetti trascurare la crisi del modello politico del nostro Paese. Elemento scatenante in quella che alcuni considerano una 'intromissione' della Chiesa negli affari della Cosa Pubblica. E non si tratta di una questione recente. Tant'è che non riguarda solo Benedetto XVI, ma anche il pontificato di Giovanni Paolo II. Insomma, innanzi alle lacune dello Stato, quasi s'impone un'altra voce. Ed è quello a cui stiamo assistendo oggi. E questi altri messaggi non giungono solo dal Vaticano, bensì anche dai cardinali italiani. Lo stesso patriarca di Venezia, monsignor Angelo Scola, è intervenuto più volte sulle questioni pubbliche".
Si tratta di sopperire, allora, a delle carenze della classe politica. Ma stiamo parlando di due 'entità' troppo distanti e distinte.
"Non è una questione di distanze. Ma direi piuttosto di contaminazioni che non producono benefici nell'ambito della Chiesa. In questa maggior frequenza di interventi 'ecclesiastici' nel dibattito politico, si genera naturalmente una sorta di frammentazione del 'pensiero religioso cattolico'. Un esempio? I commenti espressi da questo o quel cardinale rispetto ad un fatto di cronaca non sono mai gli stessi. A volte si tratta di sfumature, altre volte di riflessioni contrastanti".
Alla fine le coalizioni tendono ad indebolirsi.
"Pare che la Chiesa non si schieri sempre in modo compatto. Pensiamo alla barzelletta e alla bestemmia di Berlusconi. Da una parte c'è chi ripudia e dall'altra chi tende a sfumare il peccato".
E i fedeli disorientati...
"Nell'agone politico si finisce col non comunicare con una voce unica. E questo non si traduce in un'immagine positiva per i credenti. Tra l'altro, poi, la Chiesa in queste condizioni subisce la strumentalizzazione da parte della politica. Cosa che accade anche quando non si pronuncia; anche innanzi ad un silenzio, la Res Publica agisce o trae delle conclusioni"
Intanto, a prendere maggiormente le distanze dalla Chiesa sembrano essere i giovani.
“È nella natura delle nuove generazioni il voler esprimere un'opinione, prima di qualsiasi altro soggetto politico o ecclesiastico. Al di là dell'indole e degli impeti giovanili, è chiaro comunque che il messaggio della Chiesa non arriva in modo efficiente. Forse per un problema di linguaggio".
Accanto ai radicali di sinistra e ai leghisti, anche i simpatizzanti del Pdl contrastano fermamente gli interventi religiosi.
"La premessa è che nessuno dubita della fede dei berlusconiani. Ma è ovvio che l'immagine del partito e del loro leader, hanno poco a che spartire con la purezza etica e sociale professata dalla Chiesa. Nessuno, né tanto meno io, vuole ergersi a giudice, ma gli scandali pubblici e privati - almeno come vengono narrati dai media - non sono molto in sintonia con il messaggio del vero cristiano praticante. Direi anzi che si potrebbe parlare di una vera e propria frattura rispetto all'impegno sociale della Chiesa".
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