Un futuro in libertà

Dalla Rassegna stampa

All'inizio era Futuro e Libertà. Oggi il futuro è incerto e la libertà sembra che vogliano prendersela anche gli ultimi colonnelli rimasti a fianco del generale. Libertà di andarsene, però. Lo ha fatto Ronchi due giorni fa con una dissociazione che assomiglia molto a un addio. Rischia di farlo in queste ore Adolfo Urso all'Assemblera nazionale che si apre a Roma. Insomma, la pattuglia si restringe. Via la vecchia guardia dei «traditori storici» (La Russa, Matteoli, Gasparri). Via la prima fila dei nuovi fedelissimi. Risultato: attorno a Fini restano Bocchino, Briguglio e Granata, promossi dal loggione alle poltronissime. E per fortuna che dalle file radicali è arrivato con il suo naturale umorismo Benedetto Della Vedova che ieri ha scolpito il lapidario responso sulle amministrative di domenica scorsa: Berlusconi ha perso, Fini ha vinto. Analisi, in cui la prima osservazione è in gran parte esatta, ma la seconda è certamente sballata. Lo sa bene anche Fini, politico troppo fine per non saper contare i voti, e valutare gli uomini. Intendiamoci. Non è certo il modestissimo risultato di Futuro e Libertà, il connotato saliente delle ultime elezioni.

E non è certo l'essere aghi della bilancia a Milano e Napoli, come dicono, un certificato di esistenza in vita, visto che tutti sanno come qualunque percentuale (persino quella di Mastella) diventi determinante quando i due schieramenti si equivalgono. No, c'è ben altro. C'è il rischio (per Fini) che il progetto, come si dice, stia tramontando nel momento in cui dovrebbe sorgere. C'è il rischio di dover prendere consapevolezza del fatto che chi nasce e cresce in uno schieramento (in questo caso nel centrodestra) non può fingere di restarci, alleandosi però (di fatto) con lo schieramento avversario. C'è il rischio di doversi convincere che quelli che hanno seguito Fini nell'avventura anti berlusconiana, non stanno necessariamente ripensando alle proprie scelte perché i loro conti correnti si sono gonfiati con i bonifici di Arcore. Pensiamo veramente che gente come Urso o Ronchi, o prima di loro Moffa e Viespoli, siano stati comprati o corrotti? O non è più corretto ritenere che tornino indietro perché hanno scoperto di aver sbagliato ad andare avanti? Certo era (e resta) legittimo pensare a un centro destra senza Berlusconi. A guardare i risultati di lunedì, ci sta pensando anche una crescente fetta di elettori. Normale. Certo Fini era, e poteva restare l'uomo di riferimento per questi e molti altri. Ma la terza via strabica che occhieggia a Pisapia, che in odio a Berlusconi sembra preferire nell'ombra De Magistris, si sta rivelando una strada senza uscita. Forse perché il rancore, quello che ha dato energia al motore finiano, resta un carburante inquinante, e non si trasforma in progetto politico. Per farla breve. Il generale è sempre più solo. Sostiene Fli (e non solo): Berlusconi deve chiedersi perché ha perso per strada Casini e Fini. Certo. Ma forse Fini deve chiedersi per quale motivo è rimasto solo con il colonnello Bocchino. E con un futuro sempre più incerto.

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