Un conflitto al buio fra pretattica e rischi di rottura

Il Pdl vuole dimostrare che Gianfranco Fini è un generale senza esercito; e che dunque il suo scarto contro l’asse fra Silvio Berlusconi ed Umberto Bossi si trasformerà in un boomerang. La riunione odierna dei «finiani» a Roma dirà quali truppe abbia dietro di sé il presidente della Camera: almeno a livello parlamentare. E probabilmente farà capire anche se l’ipotesi della scissione stia diventando più verosimile, oppure sia in via di archiviazione. La tendenza a contarsi, a mostrare un elettorato di centrodestra diviso nei sondaggi fra il premier e il cofondatore non è un buon segnale. Potrebbe significare solo pretattica, ma anche una resa dei conti al buio.
Dalle file di Farefuturo, la fondazione creata dall’ex leader di An, continua a filtrare un antiberlusconismo di destra che non si ferma di fronte alla prospettiva di una rottura. E gli appelli dei cosiddetti mediatori si fanno allarmati: a conferma che la situazione rimane pericolosamente in bilico. Il fatto che ieri il ministro Ignazio la Russa, schierato con Berlusconi, abbia convocato ventidue parlamentari del suo ex partito, An, a Milano è significativo. Lo è altrettanto la scelta di diciotto di loro di far sapere in anticipo che résteranno nel Pdl «qualunque cosa accada». Suona come un avvertimento a Fini e a quanti si dicono pronti a seguirlo.
Significherebbe la scissione, perché il premier non è disposto ad accettare la creazione di gruppo parlamentare autonomo. Quanto all’ipotesi di una corrente di minoranza, Berlusconi la vede male, come un ritorno ai partiti del passato, che chiuderebbe una fase. E’ possibile che di qui a giovedì, quando si riunirà la direzione del Pdl, possa esserci un ripensamento. Ma se lo strappo si consuma, la legislatura rischia di finire in anticipo. Con Palazzo Chigi deciso ad additare Fini come destabilizzatore; e la Lega beneficiaria del conflitto nel Pdl.
La determinazione di Berlusconi a concedere il minimo indispensabile restringe i margini di manovra. Se anche si raggiungerà una tregua per ora non se ne intravedono né i contorni, né la solidità. L’accelerazione del presidente della Camera fa pensare ad un copione scritto da tempo, ben prima del voto regionale; e pensato magari nella prospettiva di una sconfitta del centrodestra. Riproporlo ugualmente lascia capire che il contrasto non è eludibile come in passato; e che il rapporto fra Pdl e Lega viene vissuto con una frustrazione crescente. Il successo del Carroccio al nord dà corpo ad una competizione vistosa con un Pdl saldamente ancorato al centro-sud. A sentire il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, «il tema della scissione è già tramontato». Ma si respira una gran voglia di organizzarsi, e perfino qualche nostalgia per An. Tra i «finiani», qualcuno si accontenta di aver costretto Berlusconi all’incontro di giovedì: già quello, si dice, è una vittoria del presidente della Camera. Eppure, l’effetto dello scarto è soprattutto quello di ingigantire e rafforzare l’odiato Carroccio. Gelido, il premier si limita a dire: «L’accordo non dipende da me».
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