Un altro colpo alla squadra di Berlusconi

Dalla Rassegna stampa

Anche se nella vicenda molto resta ancora da chiarire, e l’interessato, che ha avuto ieri un lungo incontro con Berlusconi, continua a dire a tutti di sentirsi al sicuro e di essere inattaccabile, il «caso Scajola» (il ministro accusato dell’acquisto, a dir poco incauto, e con l’aiuto del costruttore inquisito Anemone, di un appartamento panoramico a Roma) è destinato a trascinarsi nei prossimi giorni e a rendere più difficile il cammino già impervio del governo.
La convocazione del ministro da parte del premier e il lungo colloquio di ieri nello studio del presidente del Consiglio stanno a dimostrare che qualche preoccupazione esiste. La sensazione è che neppure Scajola abbia capito da dove è partito il siluro mirato contro di lui. Mentre si delinea invece abbastanza chiaramente la cornice in cui il caso è maturato. Siamo ancora insomma nel quadro dell’assedio a Palazzo Chigi partito con l’inchiesta contro Bertolaso e la Protezione civile, proseguito con le altre indagini che riguardavano il ministro Fitto (dimissionario, ma a causa della sconfitta alle regionali in Puglia, e poi reintegrato direttamente dal Cavaliere), e oggi arrivato a lambire Scajola. Non è un mistero che Bertolaso, Fitto e Scajola, ciascuno nel proprio ruolo e in certi casi insieme, rappresentino una sorta di squadra speciale della presidenza del Consiglio, e una sorta di triumvirato dello stesso Berlusconi e di Gianni Letta. A parte l’azione di pronto intervento di Bertolaso e della Protezione civile, dal terremoto in Abruzzo ai disastri naturali agli eventi più delicati, come il G8, basta solo dare uno sguardo sommario all’importanza dei dossier che sono passati per le loro mani.
Fitto, ministro delle Regioni, d’intesa con Letta e Tremonti, ha tenuto duro nella battaglia, interna al centrodestra, e in particolare al Pdl del Centro Sud, sulla distribuzione dei fondi per le aree sottosviluppate e dei fondi europei. Scajola è stato alle prese con la partita degli incentivi e della chiusura dello stabilimento di Termini Imerese decisa dalla Fiat. E prima ancora delle inchieste della magistratura, gli ostacoli a cui sono andati incontro non sono stati solo di natura politica, ma anche, in qualche modo, amministrativa.
L’impressione era che proprio dall’interno della macchina dello Stato a un certo punto fosse partita un’offensiva contro questo pezzo di governo nel governo che sembrava stesse accumulando su di sé troppo potere. Di qui è partito l’assedio a Palazzo Chigi e ai suoi ministri di riferimento. Un assedio che non è finito e continua con il caso Scajola.

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